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Non è un match geopolitico

Dio ci salvi dallo scontro di civiltà. È questa la strategia (se di strategia si può parlare) di Benedetto XVI per scongiurare il conflitto tra religioni. Il 2010 si è chiuso con il sanguinoso attentato ad Alessandria, ultimo di una lunga serie di violenze mai esaurite, non solo in Medio Oriente ma anche in Africa e in altri Paesi del globo, dove i cristiani, stando alle statistiche, sono il gruppo religioso più perseguitato.
Se non fosse per i morti e per il dolore, ci sarebbe veramente da rallegrarsi che proprio dal leader dei più oppressi si alzi il grido a non cedere alla logica degli antagonisti in conflitto. Da questo punto di vista è da rileggere il messaggio per la giornata mondiale della pace del 1° gennaio 2011 in cui papa Ratzinger spiega con grande decisione che il fanatismo, la violenza, le divisioni, non sono il frutto della religione quanto di una sua mancanza.
Dio ci salvi dallo scontro di civiltà. Le divisioni nascono quando non c’è fede autentica. Quando l’uomo non cerca Dio, ma se stesso, mettendo il suo interesse di parte (sia esso personale, comunitario o del proprio gruppo religioso) davanti al rispetto per la verità. È così che i beni relativi si assolutizzano, imponendosi sul resto, creando la violenza.
 
Dio ci salvi dallo scontro di civiltà. Lo schema dell’islam contro l’occidente fa rabbrividire chiunque (e forse fa strofinare le mani soddisfatte a qualcuno). Ma non può essere accettato nella sua sostanza.
Non si tratta di chiudere gli occhi di fronte al terrorismo islamico che, a detta di più di un esperto, sta covando ormai una strategia internazionale contro i cristiani. Si tratta di non cadere nella semplificazione politica che vede la risoluzione del problema in una spruzzata di spirito democratico in giro per il mondo. Di certo l’Onu dovrà fare la sua parte e la comunità internazionale dovrà maturare tutte le misure politiche, diplomatiche ed economiche necessarie. Ma non perdiamo di vista che dietro tutto questo c’è qualcosa di più grande: un’umanità (sia essa islamica, copta, secolarizzata o di qualsiasi altro credo) continuamente afflitta dall’egoismo, le divisioni e la violenza che derivano dalla mancanza di una fede autentica.
A salvarci dallo scontro di civiltà potrà essere solo il rimettere al primo posto quel Dio che ormai da troppo tempo releghiamo in coda. Vale tanto per noi stanchi occidentali quanto per i troppo spesso sobillati islamici. Non riduciamo tutto a un match geopolitico tra squadre opposte.
È quello su cui il papa sta puntando, è quello che le vittime cristiane uccise nell’esercizio della loro fede – martire vuol dire testimone – ci stanno ricordando.
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