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Schermaglie di gennaio

Sul caso di Avetrana si stanno spegnendo gli ultimo clamori, in attesa del probabile ritorno di attenzione che avverrà all’apertu¬ra del processo. A parte la normale attrazione che da sempre suscitano i fatti più morbosi di cronaca nera, l’omicidio di Sarah Scazzi suscita interesse per la grande quantità di suggestioni narrative e addirittura meta-narra¬tive che ha innescato, non solo nei mass-media e nel pubblico, ma persino nei protagonisti. Quando la madre di Sabrina, proclama: «Mia figlia farà come la Franzoni», dimostra di vivere dentro una specie di sceneggiatu¬ra della quale conosce bene il funzionamento, per esempio per averlo visto in opera ai tempi del giallo di Cogne. Lo stesso Vespa, che mette in scena il plastico di casa Misseri, concepisce la sua stessa trasmissione, non più come informazione giornalistica, ma come un vero e proprio genere narrativo in cui il plastico fa parte degli elementi scenografici che lo identificano.
Cosa ancora più rilevante, la rappresentazione del caso è così incombente sull’informazione che gli stessi opinionisti vengono scelti come una “compagnia di giro” recitando il proprio personaggio: il criminologo un po’ eccentrico, il giornalista pronto a tutto, lo psicologo comprensivo, ecc. Ognuno di essi è parte di questa narrazione e non cerca di spiegare la situazione o di informare, quanto è spinto a recitare la propria parte in un canovaccio.
 
Il pubblico, quello che un tempo era l’opinione pubblica, è pienamente integrato in questo copione e diventa un’enorme giuria da reality show. Spesso, è il caso di Cogne o del delitto di Erba, la sostanziale antipatia o simpatia dei protagonisti di questi teleracconti diventa decisiva per la loro sorte penale. Chi si mostra stupido, cattivo o semplicemente arrogante, rischia la reazione del pubblico, che lo “nomina”, destinandolo però non all’eliminazione ma piuttosto alla galera. Ovviamente la magistratura procede nelle indagini per proprio conto, ma sappiamo bene che è difficile persino per l’inquirente astrarsi da una narrazione così collettiva da coinvolgere un intero corpo sociale.
L’elemento più rilevante è la coscienza meta-narrativa con la quale coloro che diventano protagonisti di questi casi sanno ormai affrontare l’interesse mediatico. Le famiglie Scazzi e Misseri, pur non essendo mai state in tv, hanno talmente introiettato i modelli comportamentali proposti dai media, da essere in grado di riproporli con esattezza mimetica: conoscono le “regole” e le accettano. Prima dell’arresto, Sabrina si muove con naturalezza sulla scena delle varie trasmissioni, esibendo comportamenti appropriati. Quando la ragazza viene arrestata, afferma rivolgendosi al padre accusatore: «Adesso mi dovrà guardare negli occhi», una frase che sembra tratta da un fumetto. È la reazione più spontanea che Sabrina, colpevole o innocente, possa concepire ma è comunque di natura artificiale. La rappresentazione è così pervasiva che la famosa e tanto ricercata “realtà” non ha più corso legale.
 
Indice delle cose notevoli
Una riflessione sul rapporto fra media e crimine: Valentina Magrin, Fabiana Muceli, La chiave di Cogne. Come si occulta una semplice verità quando il delitto diventa mediatico, Cavallo di Ferro, Roma, 2010 * Vespa e il plastico di casa Misseri a Porta a Porta * L’immancabile instant-book sul caso di Sarah Scazzi: Mariella Boerci, La bambina di Avetrana, Anordest, Treviso, 2010 * La madre di Sarah Scazzi apprende del ritrovamento del corpo della figlia durante Chi l’ha visto  * Fatti e misfatti della criminologia in tv sul blog della criminologa Simona Ruffini * Interviste e dichiarazioni di Sabrina Misseri nei giorni precedenti all’arresto.

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