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Un aiuto per i lavoratori della globalizzazione

Se siamo pronti a teorizzare i benefici di lungo periodo della globalizzazione, ovvero un modello concorrenziale applicato su scala mondiale, restiamo più sibillini sugli effetti reali di breve periodo. Per competere bisogna essere efficienti e bisogna convincere i nostri clienti della bontà di quello che vendiamo. Solo chi è preparato, sul fronte dei costi e/o su quello della qualità, potrà restare nel mercato; gli altri dovranno uscire. Con un naturale processo schumpeteriano, il conto più salato è pagato dai lavoratori che perdono il proprio impiego e la fonte del proprio reddito a seguito delle delocalizzazioni e, nei casi più gravi, dei fallimenti.
 
Nulla di nuovo sotto il sole. Già con la proclamazione dell’impero delle indie britanniche, il settore tessile aveva subito gravi ripercussioni sul livello occupazionale. Ma erano lavoratori indiani che non avevano a disposizione le efficienti macchine britanniche. Oggi la disoccupazione la importiamo dai Paesi in via di sviluppo più “brillanti”, quelli raggruppati nel solito acronimo Bric e nel nuovo Stim (Sudafrica, Turchia, Indonesia, Messico) o Civets (che aggiunge agli ultimi, eliminato il Messico, Colombia, Vietnam ed Egitto). A differenza dei lavoratori indiani d’epoca coloniale, i lavoratori europei possono oggi godere di maggiori tutele di fronte al rischio di crisi delle proprie società. Il Fondo europeo di adeguamento alla globalizzazione (Feg) dal 2007 sostiene i lavoratori coinvolti in processi di ristrutturazioni, delocalizzazioni o chiusura delle società in conseguenza a fenomeni economici legati alla globalizzazione. Nello specifico è possibile ricorrere al Fondo quando si verifichi l’esubero di almeno 500 lavoratori di un’impresa e dei lavoratori dei fornitori e produttori a valle della stessa, nell’arco di quattro mesi, all’interno di un Paese membro; almeno 500 dipendenti, nell’arco di nove mesi, di Pmi di un settore in una regione o due regioni contigue; un numero di dipendenti inferiore alle quantità espresse nei punti precedenti ma in grado di determinare grave pregiudizio ad un’economia locale. Un utilizzo eccezionale questo che deve trovare motivazione nella richiesta da parte dello Stato membro.
L’utilizzo del Feg è stato esteso a coloro che hanno perso il lavoro a seguito della crisi finanziaria scoppiata nel 2008. Tale estensione è coerente con l’impostazione originaria del fondo in quanto è evidente la correlazione tra la crisi e il processo di globalizzazione.
 
Dal punto di vista operativo, la richiesta di contributo per il Feg va presentata dallo Stato membro che chiede il cofinanziamento della spesa pubblica sostenuta per politiche attive di riqualificazione dei lavoratori. L’obiettivo è di reindirizzare la forza lavoro verso i settori maggiormente produttivi e strategici per la competitività europea. La Commissione esamina le domande e propone una decisione di mobilitazione del Feg all’autorità di bilancio (il Parlamento europeo e il Consiglio dell’Ue). Dopo che l’autorità ha adottato tale decisione, la Commissione adotta la propria decisione indirizzata allo Stato membro richiedente e paga il contributo entro 15 giorni lavorativi a decorrere dalla data di adozione della decisione finanziaria. In generale, tutto il procedimento, dalla data di presentazione della domanda al ricevimento del pagamento, prende tra i sette e i dieci mesi. Dal 2007 ad oggi il fondo ha supportato oltre 76mila lavoratori nell’Ue con 381,3 milioni di euro; i settori più colpiti sono il tessile, l’automotive e l’elettronica. In Italia, il Feg ha aiutato 9060 lavoratori con 49,7 milioni: 2577 lavoratori del gruppo Merloni riceveranno ciascuno 4.110 euro dal Feg e 2.112 euro dal governo per la loro riqualificazione. L’Italia rappresenta il 12,6% del Pil europeo e quindi i numeri relativi all’intervento del Feg sul nostro Paese sono coerenti (l’11,9% dei lavoratori e il 13% delle risorse). Tuttavia bisogna evitare che il nostro tessuto produttivo estremamente frammentato sia un ostacolo per beneficiare di strumenti, quali il Feg, a supporto del nostro capitale umano e della competitività.
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