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Un capitale che non ha prezzo

Una delle tre accezioni di crescita, secondo la strategia per la competitività Europa 2020 è: intelligente (le altre due: sostenibile e inclusiva). L’Ue non ha molte alternative, alla luce di un’economia sociale di mercato che mira a bilanciare le regole e l’efficienza del mercato con l’equità. Il sistema di welfare presente in molti Paesi, nonostante necessiti di continui controlli per verificarne la sostenibilità, non potrà mai competere con i costi bassi dei Paesi in via di sviluppo. L’unica soluzione è la qualità della produzione e dell’offerta economica in generale.
L’invecchiamento provocherà un notevole restringimento della popolazione in età lavorativa e un aumento dei pensionati.
Se la diminuzione della quantità di forza lavoro non sarà compensata da aumenti nella produttività (pur considerando una fisiologica immigrazione), il potenziale di crescita subirà un crollo e l’aumento delle spese legate all’anzianità determinerà l’insostenibilità del modello sociale europeo.
 
Il futuro sviluppo economico dell’Europa dipende dalla sua abilità nel creare e aumentare alto valore aggiunto, settori innovativi e basati sulla ricerca capaci di competere con i migliori del mondo. Per questo motivo l’Ue continua a porsi l’obiettivo di basare la sua competitività sulla conoscenza. L’aumento del livello di formazione è un driver tanto per la produttività quanto per la coesione sociale. Il gap legato alla conoscenza, infatti, accresce i differenziali in termini di guadagni tra chi è più istruito e chi meno; la povertà non è più sinonimo di mancanza di denaro quanto mancanza di risorse – formazione, salute, contatti sociali – sulle quali si costruisce il successo economico.
Tuttavia quando si parla di capitale umano, l’investimento monetario non è sufficiente per aumentarne la dotazione.
 
Nella figura consideriamo la spesa pubblica in istruzione sull’asse orizzontale (media 2001-2008 della spesa in Ppa per studente nella scuola primaria e secondaria) e il risultato del livello di apprendimento degli studenti (media dei punteggi ottenuti sulle tre aree – lettura, scienza e matematica – del test Pisa 2009 condotto dall’Ocse).
Nonostante sia possibile disegnare una linea di tendenza “più spesa, migliori risultati”, questa linea è quasi piatta ed è una media di situazioni molto diverse tra loro: dalla virtuosa Finlandia, al dramma dell’area mediterranea.
La spesa in educazione spiega quindi poco la qualità dell’apprendimento degli studenti (solo il 15% secondo il Financial Times). Se l’obiettivo è puntare sul capitale umano per essere competitivi, e difendere così il modello europeo, bisogna quindi analizzare e formulare proposte in merito a: qualità della spesa (qual è l’incidenza della spesa per stipendi?), valutazione (qual è la trasparenza dei test ai quali sono sottoposti gli insegnanti? Che impatto hanno i risultati sulla loro carriera?) e concorrenza tra sistema pubblico e privato, e tra gli istituti stessi (come la domanda o l’allocazione di risorse può stimolare maggiore efficacia ed efficienza come in Finlandia?).

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