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Schermaglie di agosto-settembre 2011

Il 2011 vede il primo decennale di un avvenimento che ha cambiato non solo la storia dell’occidente, ma anche in parte le sue autorappresentazioni. L’11 settembre 2001, sotto gli occhi di migliaia di testimoni e telespettatori, avveniva il tragico attacco terroristico alle Twin Towers. Fu subito chiaro che l’evento non aveva soltanto un’incalcolabile portata politica e umanitaria, ma che probabilmente sarebbe stato il primo evento mediatico planetario del nuovo secolo.
Nonostante tutto non furono solo le televisioni a filmare l’attacco, ma anche una miriade di privati con videocamere e macchine fotografiche, tanto che le immagini degli aerei che penetravano nei grattacieli vennero ripetute per giorni, come una sorta di terribile video-installazione pop. Molti estetologi, in maniera più o meno convincente, concentrarono la loro riflessione sulla paradossale bellezza della distruzione delle torri, tanto che Stockhausen arrivò a definirla un’opera d’arte. In maniera più o meno volontaria gli autori dell’attentato e coloro che avevano ripreso la scena montavano un cortocircuito rappresentativo, il cui impatto simbolico era enorme.
 
Era in gioco il rapporto stesso tra la civiltà e la distruttività più che la civiltà stessa poteva veicolare contro se stessa. Per molti spettatori di cinema in realtà non era una novità vedere immagini di città distrutte. Un filone catastrofico impostosi negli anni Novanta, giovandosi della computer graphic, con iconoclastia un po’ ironica un po’ angosciata aveva mostrato la distruzione dei simboli visivi delle metropoli. Si tratta di titoli che vanno da Independence Day (1996) a Mars Attacks (1996). La novità delle riprese dell’11 settembre era la frammentazione del punto di vista.
Le immagini di distruzione dei kolossal anni Novanta erano quasi sempre in campo lungo, un punto di vista distaccato e onnicomprensivo rispetto all’evento, concedendo al pubblico la possibilità psicologica di distanziarsene. Probabilmente gli stessi autori dell’attentato avevano pensato a una scena che dovesse essere visibile a lunga distanza, con il simbolo delle torri “purificate” dalla violenza del fuoco. Invece la presenza di tanti operatori e passanti per le strade di Manhattan ha potentemente “ribassato” il punto di vista, portandolo a livello della strada, dei primi piani, su cui la catastrofe incombe come qualcosa di grandioso e ingestibile.
Per un lungo periodo Hollywood ha cercato prudentemente di evitare le novità estetiche introdotte da questo vero e proprio trauma visuale. Solo lentamente e con film “realistici” è tornata a mostrare la zona di New York colpita dalla tragedia, per esempio ne La 25sima ora (2002) di Spike Lee. È stato però di nuovo il catastrofico a metabolizzare quella che fu la novità visiva: questa frantumazione prospettica dei punti di vista. Guardando film come Cloverfield (2008) o Battle Los Angeles (2011), l’evento enorme non viene visualizzato da una prospettiva aerea, ma spesso dal punto di vista tremolante di chi si trova per strada ed è incapace di valutarlo complessivamente, subendone gli effetti come in un’apocalisse privata.
 
Indice delle cose notevoli
* Le immagini dell’11 settembre nei media americani
* Uno dei tanti video amatoriali reperibili su Internet
* Il trailer di Independence Day, giocattolone fantascientifico diretto da Roland Emmerich che rivisto ex post diventa quasi profetico
* Il trailer di Battle Los Angeles che esemplifica come è cambiato il modo di inquadrare un’immaginaria catastrofe
* Il trailer di Cloverfield, catastrofico ambientato a New York ed evidentemente ispirato ai filmati amatoriali dell’11 settembre
* Le prime inquadrature di Ground Zero in un film americano, La 25sima ora di Spike Lee

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