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Metti una sera all’opera di NY

Per Natale, andiamo al Metropolitan Opera House, come fa la buona borghesia di New York (in quel periodo si programmano opere per tutta la famiglia). Ora è possibile anche in Italia. Da alcune settimane, grazie alla tecnologia, infatti, si può assistere, in diretta e in alta definizione, a una scelta di rappresentazioni del Met.
Il programma è in funzione con successo già da quattro anni in 54 Paesi (e in 1600 sale) tra cui Russia, Israele, Cina, Cipro, Repubblica Domenicana, Marocco, Slovenia e S. Thomas nelle Isole Vergini. Con l’Italia si sono aggiunti 40 grandi schermi, diventati 60 nell’arco di un mese a ragione del successo dell’iniziativa (nonostante non ci sia quasi stata pubblicità). Si possono prenotare i posti, (per i dettagli www.nexodigital.it) il prezzo è contenuto (15 euro a poltrona) e c’è il bello della diretta.
 
Perché l’Italia è rimasta sino a ora fuori? Da un lato i “teatri di tradizione”, quelli più piccoli e in gran misura di provincia, temevano la concorrenza tra una Traviata casereccia e uno spettacolo del Met. Da un altro, è nato il circuito solo italiano, quello dei micro-cinema, per lo più sale parrocchiali dismesse in piccoli centri che mostravano l’opera in diretta da teatri italiani oppure in dvd su grande schermo. Naturalmente il Met sfoggia allestimenti e voci che in Italia solo La Scala può permettersi.
Chi difende l’esistente perde sempre. Nel caso specifico le esperienze del Met digitale negli altri Paesi mostrano che lo strumento non fa perdere pubblico all’opera dal vivo, anzi ne porta di nuovo, giovane. In Italia i primi due spettacoli hanno raccolto circa 5mila spettatori.
Soprattutto, l’esperienza (del Met ma anche del micro-cinema) è segno di un improcrastinabile riassetto del settore che il ministro Galan ha annunciato di voler completare entro il 31 dicembre. Dal 2001 al 2009 i teatri lirici italiani hanno accumulato perdite per oltre 216 milioni di euro; i debiti hanno raggiunto i 282 milioni di euro. Nello stesso periodo il totale dei contributi pubblici (Fus, più Enti territoriali) è passato da 332 a 344,7 milioni di euro; i privati hanno contribuito con una media di 42,5 milioni di euro l’anno; gli incassi da botteghino hanno raggiunto gli 84,5 milioni di euro (rispetto ai 72,2 milioni di euro nel 2001).
 
I costi totali di produzione sono arrivati a 528,4 milioni di euro; quelli per il personale sono passati da 280,5 a 316,6 milioni di euro. Una rappresentazione lirica in Italia costa il 140% della media dell’eurozona, il 250% della media dell’Unione europea. Nel 2009 i nostri teatri hanno messo in scena in media settantasette recite d’opera ciascuno (dalle 125 della Scala alle 25 del San Carlo) contro le 226 recite della Staatsoper di Vienna, le 203 dell’Opernhaus di Zurigo, le 184 dell’Opéra di Parigi, le 177 della Bayerische Staatsoper di Monaco o le 161 della Royal Opera House di Londra.
Per poter continuare ad andare all’opera, occorre che non sia un lusso: ossia che si riducano i costi e si aumenti la produttività. Lo si può fare, dando una prospettiva ai giovani delle numerose scuole create in questi ultimi anni, formando compagnie stabili con contratti triennali o quinquennali e riservando le scritture ad artisti ospiti (italiani e stranieri) di prestigio internazionale. In secondo luogo, ridurre il personale in eccesso. In terzo luogo, chiedere che almeno il 70% degli spettacoli sia in co-produzione (creando un cartellone nazionale e andando verso il teatro di repertorio), che i teatri virtuosi vengano premiati con stanziamenti aggiuntivi nell’esercizio successivo, e che gli amministratori di quelli che chiudono il bilancio in rosso cambino mestiere (e siano passibili di azione di responsabilità). In questo quadro, il Met e il micro cinema preparano il pubblico del futuro.

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