Chi gestisce i piccoli processi, per usare un esempio di Thaler e Sunstein nel libro La spinta gentile, ha un potere che purtroppo oscilla dall’inconsapevolezza alla corruzione. Dobbiamo trovare la giusta misura; noi giovani dobbiamo essere consapevoli della forza che siamo.
Bamboccioni? No, una gioventù “in-attesa”! Padoa-Schioppa ci ha fatto un regalo. Ha imposto all’attenzione dei media un fenomeno, a volte serve presentarlo così ridicolizzato, a noi che lo studiamo sulla nostra pelle spetta di dire la verità. La verità è che quando bastava la licenza media, la percezione di maturità era più alta; ad oggi una scuola superiore con basse pretese valoriali, di imprinting etico, rilascia certificati che pesano, come condanne: a trent’anni di adolescenza! Basta, dobbiamo dire basta a chi ci vuole controfigure, soggetti alla formazione per tutta la vita. Qualche lezione la potremmo dare, del resto le aziende in crisi le hanno gestite loro, scommettete su di noi, e poi ne riparliamo. Scegliere di essere con lo spirito di chi indica la “rotta” riaccende i “motori”.
Puntare su i giovani, di tutti i Paesi del mondo, l’Italia può essere la piattaforma migliore, altro che relegare e regalare forze all’estero. Poi ci dicono che i nostri giovani (vedi dati di Tullio De Mauro di questi mesi) hanno tassi alti di analfabetismo. L’unico Paese che non ha luoghi di cultura aperti, nelle ore dei giovani! Da noi qualche università privata chiude le biblioteche alle 22 e le università pubbliche alle ore 18, il venerdì alle ore 15, e il sabato e la domenica? Non aprono proprio. Questa generazione potrà rivelare (dopo aver vissuto la stagione, ancora dilagante, da studenti “fuori sede”) una visuale differente per esempio nei propri territori: partendo dalle esperienze a volte deludenti, per cui persino Milano, certamente Roma, e non parliamo del resto, “non ha una offerta pari all’estero”?
Facciamo una rete nel sud, e penso alla Sicilia, e accogliamo gli studenti non solo di quelle zone, ma del resto di Italia, del resto del mondo. Non sono conosciuti per l’accoglienza, del resto? Hanno prezzi vantaggiosi d’affitto e di terreni per creare strutture attraenti come college, garage, hanno ottima cucina, hanno il sole, hanno il mare. Hanno bisogno di creare occupazione! Queste idee sono il futuro, noi, lo vediamo. Altrimenti? Generazione millennials dei lavoratori somministrati, autonomi, atipici. Coloro che devono aprire una partita Iva per lavorare o passare da uno stage all’altro, il mondo dei precari, di giovani con titoli di studio e nessuna chance degna della loro formazione. Caduti nella trappola del 3+2 del 1999 che, guarda un po’, segue di soli due anni la legge Treu (1997), riforme che rappresentano, sotto certi aspetti, simboli neanche troppo diversi. Il susseguirsi delle riforme universitarie ha provocato problemi sia in ingresso (la scelta dell’indirizzo a cui iscriversi è diventata molto più difficile) sia in uscita (pochi sono i direttori del personale in grado di orientarsi nella giungla di lauree triennali, vecchio ordinamento, magistrali, specialistiche).
Parallelamente, sul fronte del mercato del lavoro, la nascita di una pluralità di forme contrattuali (somministrazione, contratti a progetto, a chiamata, part-time verticale ed orizzontale) ha sancito un processo di destrutturazione. La domanda di flessibilità proveniente dal mondo imprenditoriale è stata, di fatto, “scaricata” sulle spalle dei giovani in attesa di entrare nel mercato del lavoro!
Una frattura enorme, un grande vuoto informativo: da una parte i neo laureati spaesati di fronte ad un mercato a “coriandoli” e affamato di rapporti reversibili, dall’altro piccoli imprenditori, responsabili del personale poco informati e poco interessati alle tante, a volte controproducenti, innovazioni sviluppate all’interno del sistema universitario. Così quei ragazzi che qualcuno pensa “non titolati” sono invece i primi con la laurea in famiglia! Eppure vengono frenati dal “sono troppo giovani”. Troppo giovani per amare, un uomo/donna e il proprio lavoro? Tolto questo che rimane loro? Un eterno addio al celibato. Siamo i primi figli, del boom (per niente economico), delle mamma e papà single. Se uno di noi aveva i genitori separati quando eravamo piccoli, si sono divorziati che eravamo grandi. Mamma e le sue amiche ti dicevano: “Sposatevi il più tardi possibile!”. Morale? Si sono risposati prima di noi!
Oggi c’è Internet! Così i ragazzi della millennials generation, l’ultima generazione che ha fatto una partita a pallone per strada, ha usato il gesso, ci ha giocato a “campana”, ha stili di vita usi e disusi fondamentali per conciliare tradizione e innovazione! Sono i primi a cui stanno stretti gli orari delle città. Sarebbero pronti a lavorare la sera e a dormire la mattina. Se fossero nel sindacato rivedrebbero così i contratti. Il lavoro e i “Tempi moderni”. Quello che manca all’Italia? Che un laureato francese, inglese, tedesco, venga a fare il cameriere in Italia. Eppure, a pensarci bene la nostra cucina sì che sarebbe una alta scuola. Che venga, con tutti i suoi progetti di carriera, di ricerca, di impresa. Come fanno i nostri giovani, in Germania, in America, ormai persino a Singapore. Ai ragazzi nati negli anni Ottanta, e dopo sempre peggio, si è tolta una lingua, l’italiano. A scuola serviva ma fuori era superata! Cara Italia quello che devi dare alle tue nuove generazioni è: “fiducia”. Credere nella tua tradizione, credere nella generazione millennials affinché rinnovi i processi. Senza toni e cliché appariscenti, questa è la storia di una generazione inattesa!