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Gazprom vs Europa, si scalda la partita energetica

Gazprom intende alzare il tiro sull’Europa. Innanzitutto sulla Germania. Lo ha fatto capire il leader del consorzio energetico russo, Alexej Miller, in una intervista apparsa ieri sulla Süddeutschen Zeitung il maggior quotidiano tedesco. Euro a rotoli, Ue a rischio, mancanza di liquidità per le infrastrutture. Il manager russo non risparmia nulla della recente crisi continentale. Minacciando ulteriori rincari nei prezzi nelle materie prime. Se il 2011 è stato l’anno della reazione europea il 2012 sarà quello del contrattacco di Gazprom. Questo in sintesi il succo dell’intervento di Miller. Lo stesso aveva fatto il suo vice Aleksandr Medvedev al primo consiglio di amministrazione 2012 dell’azienda energetica di Mosca. Gazprom intende reagire alle ispezioni, “senza precedenti”, ai propri uffici e a quelli di diverse società affiliate fatte lo scorso autunno da ufficiali Ue, aveva ribadito il vice presidente dell’azienda russa del gas. È innegabile che da tempo le forniture di gas russo all’Europa si accompagnino a conflitti e contrapposizioni. Di recente però la situazione si è esasperata. Un confronto inaspritosi al crescere del prezzo degli idrocarburi. Al punto che nel 2011 Bruxelles, interessata quanto Gazprom a forniture stabili di gas, ha fatto un passo in precedenza inimmaginabile: accusare di attività monopolistica l’azienda di Mosca e far perquisire gli uffici dell’azienda russa e quelli di molti suoi clienti. A Berlino, Essen, Vienna, Praga, Bratislava e Vilnius le sedi di Gazprom-Germania, Eon, Rwe, Omv sono state passate al setaccio dagli inquirenti Ue. Gazprom non esclude che le indagini possano essere seguite dall’accusa di violazione delle regole europee anti monopolio. Una ipotesi che se provata potrebbe privare il colosso energetico russo di una serie di contratti, o costringerlo a modificarne alcune condizioni. Una multa pari all’ammontare del 10 percento del fatturato, circa 90 miliardi di euro nel 2010, è l’altra spada di Damocle pendente sulla testa dell’azienda del gas più importante del mondo.

Per contrastare un simile scenario il management Gazprom intende agire su due livelli. Aggirare le barriere amministrative che ostacolano lo sviluppo dell’azienda in Europa e ampliare la presenza della compagnia sul mercato mondiale di gas, elettricità e derivati del gas.

Perfezionamento del gasdotto Nord Stream, realizzazione di South Stream, ingresso in larga scala nei mercati cinese, giapponese e Corea del sud entro il 2017, aumento della quota destinata alle esportazioni del gas liquefatto proveniente dal giacimento di Shtokman, ampliamento delle capacità estrattive di Saxhalin-2 e costruzione di nuove strutture per la liquefazione del gas naturale. Con queste potenziali carte in mano, Mosca muoverebbe volumi di idrocarburi pari a 200 miliardi di metri cubi di gas naturale e 47,5 milioni di tonnellate di gas liquefatto. Un salto notevole rispetto allo scorso anno soprattutto per l’Lng visto che nel 2011 l’esportazione di gas liquefatto è stata di 10 milioni di tonnellate. Minore la crescita nelle vendite di oro azzurro, 180 miliardi di metri cubi nel 2011. Gazprom attraverso aziende di piccole dimensioni vuole inoltre raggiungere i consumatori europei e cinesi lontani dalle grandi infrastrutture di trasporto del gas.

Un piano ambizioso ma di difficile realizzazione. Da oltre cinque anni le trattative con Pechino, che da sola dovrebbe ricevere 68 miliardi di metri cubi di gas, sono in stallo. L’ennesima scadenza, dicembre 2011, non è stata rispettata. Nel frattempo l’Impero di mezzo si è accordato col Turkmenistan per aumentare di 25 miliardi di metri cubi di oro azzurro all’anno i propri rifornimenti che dal 2012 saranno apri a 40 miliardi di mc/a. Martedì scorso si è inoltre saputo dell’intesa con ConocoPhillips e Sinopec, gestori del progetto APLNG, dal quale la Cina per venti anni importerà 7,6 milioni di tonnellate di gas liquefatto l’anno. Altrettanto problematica la realizzazione del progetto con Seul. Il consenso ricevuto la scorsa estate dal nord coreano Kim Jong Ils non è stato mai ufficializzato. La morte del leader di Pyongyang e la fase di transizione interna al regime comunista rendono ancora più vaghe le garanzie di continuità di rifornimento pretese da Seul. Riguardo Sakhalin-2 la volontà di aumentarne le capacità si scontra con il problema delle risorse di base poiché Gazprom deve ancora riempire il gasdotto Sakhalin-Primorskje. Senza dimenticare che le modifiche all’accordo su Shtokman volute da Gazprom, la francese Total e la norvegese Statoil hanno rinviato di nuovo le decisioni sugli investimenti. Nessuna certezza inoltre sulla realizzazione del progetto entro i tempi previsti. Tensioni che potrebbero mettere in discussione l’esistenza del.

Lo scoglio principale dei rapporti con l’Europa si chiama invece sicurezza energetica e in particolare “terzo pacchetto”. Una questione che col passar del tempo ha smesso di essere settoriale per diventare oggetto della grande politica continentale. La norma del 2009 impedisce alle compagnie europee proprietarie delle infrastrutture di vendere gas. Per tale ragione Gazprom rischia di essere privata del diritto di proprietà o del controllo dei gasdotti in Germania, Polonia, paesi Baltici e Gran Bretagna. Inoltre la compagnia russa non può costruire o controllare nuove pipeline senza permessi della Commissione o dei singoli stati membri. Al di la dei problemi sorti con la Lituana, è la componente del progetto South Stream che attraversa Bulgaria, Ungheria e Slovenia a trovarsi sotto la lente di ingrandimento di Bruxelles. In queste zone l’Ue può intervenire per modificare le decisioni prese dagli organi nazionali. Si può essere certi che vi sarà battaglia anche per le norme per la salvaguardia della concorrenza nei paesi Ue. Aleksander Medvedev ha fatto notare che in precedenza Bruxelles era estremamente prudente riguardo i contratti energetici stipulati tra “europei e esportatori esteri di gas”. Ora invece il manager russo sottolinea come “la posizione aggressiva assunta dall’Ue”. Per superare una tale serie di impasse Gazprom ha chiesto l’aiuto del Cremlino. Secondo Aleksander Medvedev lo stato russo deve “superare i contrasti lavorando con la Commissione e, a livello intergovernamentale, attivare gli stati amici”.

Una strategia che finora non ha dato risultati. La Germania si è tirata indietro giustificando lo sgarbo col fatto di non “avere bisogno di altro gas”. Anche il premier francese ha fatto orecchie da mercante. Secondo Fillon la priorità di Parigi è il nucleare civile. L’Eliseo ha fatto balenare margini di trattativa legati alla costruzione dell’alta velocità ferroviaria Mosca-San Pietroburgo, senza però assicurare completo sostegno. Il Qatar, principale concorrente di Gazprom in Europa, ha sostanzialmente rifiutato le proposte russe. A questo punto Mosca è di fronte al bivio. Tra le opzioni prese in considerazione potrebbe esserci una nuova politica industriale. Oppure il ritorno alla vecchia politica del divide et impera tra gli stati membri. Ipotesi molto probabile in un momento in cui la crisi dell’euro sembra fatta apposta per essere sfruttata e la dipendenza energetica Ue nei confronti degli idrocarburi russi è più forte che mai. Quanto detto dal responsabile Gazprom, Alexej Miller alla Süddeutschen Zeitung fa capire quanto il Cremlino sia tentato da questo percorso.
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