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Los Zetas e La ‘Ndrangheta

Secondo l’Ufficio dell’Onu contro la droga e il crimine, il business del narcotraffico è il più vantaggioso del mondo. Nessuno fa incassare di più, neanche il petrolio, le armi o la prostituzione. E si tratta di un sistema antico, che appariva nei rapporti ufficiali già dal 1920 in Sicilia, dove si trafficava morfina nascosta tra scatole di arance e limoni. Dopo, gli irregolari sono passati ad altre droghe, fino al traffico di eroina. Quando è stata scoperta la cocaina i cartelli sudamericani sono sbarcati in Europa. Quasi un secolo dopo che gli italiani hanno scoperto l’America – e importato, tra gli altri, i pomodori-. Oggi i legami tra le reti di narcotraffico messicane e quelle italiane sono strette. Fin troppo.Intrecci raccontati da Cynthia Rodríguez, corrispondente a Milano del settimanale messicano “El Proceso”, nel libro “Contacto en Italia”. “Il 17 settembre del 2008 i notiziari di quasi tutto il mondo mostravano Project Reckoning, grande operazione in diverse città degli Stati Uniti, con la quale sono stati presi 175 narcotrafficanti di diverse nazionalità. In maggioranza messicani, ma c’erano anche guatemaltechi, panamensi, colombiani e… italiani. Questo ha fatto sì che in America, e specialmente in Messico, si scoprisse la ‘Ndrangheta, mentre in Italia si cominciò a parlare del cartello messicano con nome e cognome, senza generalizzare”. È presente, in Europa, ed è sempre più in crescita la rete di narcotraffico Los Zetas, che usa come canale per il traffico di droghe la ‘Ndrangheta. La novità è che il Messico si è rivelato essere il maggior distributore di droghe del mondo, prendendo il posto storicamente occupato dalla Colombia. Secondo la giornalista messicana, con un bilancio annuale che supera i 44 miliardi di euro, ovvero, tre per cento del Prodotto Interno Lordo dell’Italia, la ’Ndrangheta ha un giro di soldi tre volte superiore alla somma dei quattro principali cartelli messicani: Sinaloa, Juárez, Tijuana e El Golfo. In confronto ad altri patrimoni, la ’Ndrangheta ha 20 miliardi di dollari in più di Bill Gates e due volte quello di Carlos Slim, due tra gli uomini più ricchi al mondo, secondo la rivista “Forbes”. Pablo Escobar Gaviria e Guzmán “El Chapo” Loera, capo del cartello di Sinaloa, sono quasi ceto medio criminale.Tra il 1989 e il 1990 c’è stata un’operazione congiunta tra la Polizia di Stato italiana, la Dea, e l’FBI, che ha scoperto come le famiglie mafiose di Palermo avessero concordato tempo fa con alcuni componenti del cartello di Medellín il controllo della cocaina colombiana, per portarla prima in Italia e poi nel resto dell’Europa. L’operazione è stata battezzata “Big John” e ha svelato che nel 1987 capi siciliani e colombiani si sono riuniti ad Aruba per mettersi d’accordo sulla riduzione dei costi dell’eroina e il compenso per la cocaina a basso prezzo. Così “Cosa Nostra” avrebbe avuto l’esclusiva nel mercato della “blanca” colombiana. Subito dopo la riunione, in Italia sono sbarcate 40 tonnellate di cocaina e nel 1992 la cifra si era quintuplicata. La Dea ha calcolato che quest’anno, solo nel Messico, più di 450 mila persone sono state coinvolte nella semina, nella raccolta, nella lavorazione e nella vendita di droghe illegali. Con l’attuale crisi economica, la cifra – che rappresenta ricchezza e potere per i padroni e lavoro per la manodopera – è condannata all’aumento. La crescita del narco-mercato non si ferma. Il cartello di Medellín non è stata l’unica rete latinoamericana di trafficanti ad essere presente in Europa, né Cosa Nostra la sola organizzazione mafiosa italiana ad avere rapporti con il narcotraffico made in America latina. Dopo la spartizione di “territori” e “competenze”, i cartelli messicani sono entrati in scena per diventare protagonisti di prima linea e conquistare altri destini.


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