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Dieci anni di Bric, un compleanno con più luci che ombre

È finita la festa per le economie emergenti? Dove vanno i paesi Bric a dieci anni dall’invenzione dell’acronimo? Con tassi di crescita da far invidia ai paesi sviluppati, Brasile, Russia, India e Cina agli inizi del nuovo millennio erano visti come i grandi vincenti dei prossimi decenni. E qualche anno dopo convinti pure di evitare la brutale svolta economica 2007-2008 che ha piombato i paesi ricchi nella crisi dei subprimee nella spirale del debito. Non è stato esattamente cosi ma le trasformazioni subite dai quei sistemi hanno aiutato le economie Bric a reggere il colpo. Dimenticati i piani d’aggiustamento strutturali degli anni 1980, le crisi finanziarie e le bancarotte degli anni ’90 Brasile, Russia, Cina e India, ora rappresentano ora il 40 percento dell’economia mondiale. Un risultato dovuto alla somma di una serie vantaggi strutturali. Accumuli considerevoli nella bilancia dei pagamenti. Vantaggi da liberalizzazioni e deregolamentazione dei mercati. Politiche di cambi relativamente rigide e accumuli di riserve valutarie hanno impedito la ricaduta nel vortice delle crisi finanziarie come negli anni’90. L’aumento del prezzo del petrolio ha permesso, soprattutto in Russia, nuovi accumuli di valute forti. Senza dimenticare il fattore risparmio di Cina e India. Quote enormi di Pil, 50% per Pechino e 35% per Delhi, a disposizione degli istituti locali. Il confronto con gli Usa dove solo il 12% della ricchezza è depositato è impressionante. Un percorso di successo visto che ora le casseforti Bric ospitano circa due terzi delle riserve valutarie mondiali. Con la Cina primo investitore del pianeta.
Rischi inflazionistici, mercati interni severamente regolamentati, fragili e modesti. Fantasmi di bolle borsistiche, immobiliari e di materie prime. Estrema necessità di finanziamenti esterni e investimenti stranieri. Questi i rischi di fronte a paesi dallo sviluppo potente ma non del tutto indenne alla crisi dei sistemi più sviluppati.
Eppure proprio ora, dopo un 2011 debole dal punto di vista azionario, gli investitori tornano a puntare su Brasile India, Cina e Russia. A fine gennaio gli indici borsistici dei paesi Bric indicavano la ripresa della solida marcia del passato. Segno che nonostante la crisi finanziaria globale,le prospettive di sviluppo e crescita economica dei quattro emergenti sono ritenute intatte.
Il balzo maggiore lo ha spiccato la borsa carioca, Bovesta, in positivo per circa 17% punti. Seguono la Sensex indiana, più 15%, e la cinese Hang Seng, cresciuta del 12%. Nonostante il segno positivo di Rts più 9%, la Russa non tiene il passo dei colleghi-concorrenti. Di fronte alle prevedibili debolezze europee gli investitori globali non temono di scommettere sulla futura dinamica Bric. Speranze confortate dal Fondo monetario internazionale.
Secondo l’istituzione di Bretton Woods, nel 2012 il ritmo della crescita reale cinese sarà di poco inferiore al 10%, quella indiana raggiungerà il 7, mentre il Pil di Brasile e Russia vedrà aumenti del 4%. Ritmi che Europa e Usa difficilmente sfioreranno. I fondamentali buoni dei Bric si riflettono anche sull’inflazione, in calo ovunque. Il primo della lista è di nuovo il Brasile che nell’ultimo trimestre 2011 ha visto il tasso di crescita del proprio livello generale dei prezzi crollare. Dal 12% di gennaio al 5% di dicembre 2011. Meno netto, dal 9 al 6 percento, ma sostanzioso il calo del costo della vita anche in Russia. Prezzi in discesa pure in Cina e India dove l’inflazione passa rispettivamente dal 6 al 4% a Pechino e dal 10 all’8% a Delhi.
La tendenza alla discesa della curva dei prezzi, iniziata nella seconda metà del 2011, ha permesso alle autorità monetarie dei quattro paesi politiche economiche espansive, come desiderato degli investitori. In Brasile il real costa ora il 2 percento in meno, con il rublo russo che dovrebbe muoversi sulla stessa lunghezza d’onda. Cina e India sono più prudenti ma da tempo non aumentano il costo delle proprie valute. Nel mercato dell’impero di mezzo la riduzione della quantità di moneta in circolazione e le dichiarazioni degli attori istituzionali lasciano però prevedere banche più generose verso il credito.
Il mercato azionario è da sempre l’indicatore dello stato della crescita dei paesi emergenti. Nel 2001, anno in cui Jim O’Neil coniava l’acronimo Bric, partiva la crescita degli indici delle borse indiana e brasiliana. Da allora la borsa russa Rts è aumentata dell’800 percento. La marcia del mercato azionario cinese, iniziata con qualche esitazione nel 2005, ha raggiunto un primo picco nel 2007, prima che le turbolenze finanziarie internazionali colpissero anche le azioni dell’impero di mezzo. La ripresa nel 2010, segno meno invece nel 2011. Annus horribilis per gli investitori di ogni ordine e grado. Chi ora crede a un nuovo sviluppo fruttuoso dei mercati Bric per sfruttarlo può utilizzare Standard&Poor Bric 40 Index. Un indice rappresentativo delle principali 40 compagnie di Brasile, Russia, India e Cina operanti sui mercati Hong Kong Stock Exchange, London Stock Exchange, Nasdaq e NYSE.
La crescita dei paesi Bric significa migliori e maggiori opportunità per gli standard di vita e prosperità della popolazione globale. Affinché il mondo continui a crescere, nonostante le sfide cui dovranno fare fronte le economie più sviluppate, il calderone dei paesi Bric dovrà continuare a bollire. Dire che non mancherà la materia prima non è certo un eufemismo.

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