Credo che sia il momento di parlare di un Curriculum Vitae elettronico (CVE). Nulla di nuovo sotto il sole, proprio come Linkedin. Questo: a) semplificherebbe il sistema di fare domanda per i concorsi (per esempio, se devo fare domanda per una borsa di studio, mi basta il click del mouse), b) renderebbe immediato il sistema di classificazione (grazie a dei campi prestabiliti quali: disciplina, voto, anni di esperienza…); c) aumenterebbe la trasparenza delle consulenze rendendo comparabili le informazioni (invece di pubblicare su internet pagine scannerizzate e illegibili, gli enti pubblici pubblicano i nomi e chiunque può andare a vedere chi veramente una persona è).
Ovviamente, chi non desiderasse il CVE (per motivi di privacy o perchè ha svolto lavori che non vuole render noti), può non averlo, come per la PEC. Tuttavia, per diventare consulenti della Pubblica Amministrazione, per esempio, questo sistema deve essere obbligatorio.
Per aumentare il valore del CVE, le informazioni contenute in questo file dovrebbero essere in qualche modo certificate. Per esempio, se nel mio CVE dichiaro di essere laureato all´Università Bocconi o di aver lavorato in Formiche, l´università e la società devono avere un database che, interrogato dal sistema, “rilascia” un certificato di veridicità dell´informazione. Se non tutti gli istituti/aziende possono, oggi, rilasciare un certificato elettronico, nel breve periodo basta l´autocertificazione di chi afferma “sono laureato”, tanto al colloquio o all´assunzione, quando si devono portare le carte (sempre nel breve in assenza di un sistema di certificazione elettronico) le “inesattezze” si scoprono.
Probabilmente, vista la mobilità delle persone “ad alto potenziale”, è un´idea da proporre in sede UE; ma non possiamo lasciare ai privati (con le certificazioni TOEFL, GMAT, GRE o con LinkedIn) e agli americani (SAT) strumenti così delicati per la nostra knowledge-based economy.