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Presidenziali, in Russia è battaglia per Mosca

Ultimi ma roventi giorni di campagna elettorale per Vladimir Putin. Ieri l’ennesima manifestazione “bianca” ha abbracciato il centro di Mosca chiudendolo in una catena umana fatta da almeno 35mila persone. Poche certezze sulle cifre ma una sicurezza: il movimento anti primo ministro è vivo e vegeto. Chi aveva parlato di opposizione di neve dovrà rivedere i conti. Proprio come sta facendo il premier. Sostituendo l’indifferenza iniziale ai dibattiti televisivi con la frenesia, il premier potrebbe essere costretto a passare la settimana saltando da un canale all’altro. Oggi il primo ministro è intervenuto di nuovo sulla carta stampata per ribadire ragioni e progetti del proprio paese nel “mondo che cambia”. Alla base del ragionamento del leader russo vi è sempre la volontà di impedire gli interventi negli affari interni di altri stati. Negli articoli finora pubblicati sui quotidiani russi, sette in tutto dal 16 gennaio, il tono nei confronti degli Stati Uniti è aspro e ricorda la Conferenza di Monaco del 2007. Rispetto alla capitale bavarese oggi l’elenco delle minacce vede l’aggiunta di internet. Secondo Putin i social forum sono diventati “fattori di politica interna e internazionale e come tale vanno concettualizzati”. L’Europa viene invece invitata a rivedere terzo pacchetto energetico e regime dei visti, come passo per creare una “armonica associazione economica da Lisbona a Vladivostock”.
 
Un presidente che crea problemi invece di risolverli
 
Il quotidiano Vedomosti informa su un prossimo incontro tra il capo del governo e le elite che lo appoggiano. Il rendez vous (ultimo appello prima della battaglia?) si svolgerà il 29 febbraio nella capitale. Le recenti iniziative pro Putin scintillavano per alcune assenze che sono state notate. Probabile che gli strati economici e sociali dal 2000 al seguito del leader senza fiatare, ora si interroghino se la parabola di Putin sia entrata nella fase calante. Difficilmente riusciranno però a trovare, almeno a breve, un rimedio che non sia peggiore del male. Se l’uomo che ha lentamente accentrato tutto il potere nelle proprie mani iniziasse a creare problemi più che risolverli, il paese potrebbe finire in un vicolo cieco. Personalità, istituzioni, forze politiche, tutto è amorfo in Russia tranne l’apparato presidenziale. A differenza dei sondaggi elettorali che danno Vladimir Vladimirovich presidente al primo turno col 66 percento dei voti, quelli sull’uomo politico vedono il suo calo costante. Venticinque, ventisette percento in meno dall’autunno 2008. Senza contare che Mosca potrebbe sottrarsi all’abbraccio putiniano. Se cosi fosse un successo senza la corona della capitale, sarebbe una vittoria di Pirro. Se il trend “lo voto ma non gli credo” continuasse anche dopo le elezioni in caso di politiche dolorose la Russia potrebbe trovarsi di fronte al vuoto politico. Nonostante ciò Gunter Deuber e Andreas Schwabe, analisti economici di Europa orientale e paesi Csi per la Raiffeisen Bank, ritengono che almeno a breve la governabilità federale “non potrà prescindere dalla presidenza Putin”. Come scenario ottimale i due analisti vedono “la coppia Putin-Kudrin”. Con l’ex ministro delle finanze alla testa dell’esecutivo.
 
Chiesa ortodossa, consumismo e attacchi mediatici. A rischio il futuro
 
La casa apparentemente brucia e il Patriarcato di Mosca abbandona prudenza e indugi per schierarsi a fianco del capo del governo. Finora i dignitari ortodossi avevano seguito l’escalation delle proteste predicando moderazione ed equilibrio. Il 12 dicembre Vsevolod Chaplin riteneva “scomode ma serie” le questioni poste dalla piazza. Interrogativi ai quali il Cremlino, secondo il ministro degli esteri ortodosso, avrebbe dovuto dare “risposte oneste e adeguate”. Il dialogo era stato anche il tema centrale dell’intervento patriarcale di Natale. Nel canale televisivo federale Kirill aveva invitato “il potere a cambiare corso ascoltando e comprendendo”i cittadini. Nessun dubbio a gennaio per il Patriarca. Ogni uomo ha “diritto a esprimere la propria opinione e il disaccordo al governo”.
Qualcosa deve essere cambiato nella sensibilità ecclesiastica se ora il leader ortodosso sente il bisogno di avvertire che la Russia rischia di consegnarsi a chi è guidato da “idee consumistiche”. Che l’apocalisse avanzi a grandi falcate verso la piazza Rossa Kirill lo ha annunciato ieri a una assise moscovita dedicata alla rinascita del complesso militare industriale nazionale. Il “futuro”della Federazione è sotto tiro ha fatto presente turbato Kirill. È in atto “un’aggressione mediatica esterna e interna” che punta a togliere al paese sovranità, indipendenza e status di grande potenza. Davanti a una platea composta in gran parte di militari, il leader religioso russo ha confessato che un giorno il governo potrebbe finire a chi crede che la “patria è li dove si guadagna di più.” Cosa significherebbe in questo caso la parola “libertà?” In sintonia con Putin il leader religioso ritiene i giovani russi vittime di “propagande calunniose” e di idoli creati al computer. Quando però “il popolo viene difeso col cuore, la mente e la convinzione” la vittoria è sempre certa. Parole simili aveva usato il premier russo salutando i propri simpatizzanti il giorno dedicato alla difesa della patria. L’identità millenaria della Russia si è formata opponendosi agli attacchi stranieri. La sinfonia tra stato e chiesa è parte della cultura ortodossa. Davanti ai pericoli esterni il paese ha sempre messo da parte conflitti e persecuzioni creando muri invalicabili agli invasori. Funzioneranno queste strutture mentali ora che il “nemico” è annidato dentro i confini nazionali? Quando spesso la linea delle discussioni corre tra genitori e figli?

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