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L’Italia (purtroppo) non è Donna

Nonostante la primavera sia alle porte e con la nuova stagione arrivi puntuale il profumo di mimose, l’Italia non è un Paese per donne, o meglio, per dirla secondo le parole delle Nazioni Unite: “occupa il penultimo posto tra i paesi europei sul tema dell’equiparazione di genere”. Il “quando” del “se non ora”, insomma, sembra essere ancora un puntino all’orizzonte, almeno secondo l’occhio freddo degli osservatori esterni, che hanno messo recentemente sotto la lente d’ingrandimento la situazione dell’universo femminile in Italia.
 
E quella che ne esce è una fotografia in bianco e nero, invece che rosa shocking. Dal lavoro alla rappresentanza femminile, fino alle violenze di cui le donne sono vittime ogni giorno, la strada delle “pari opportunità” in Italia è un calvario disseminato di ostacoli e ferite. Ma, questa condizione così difficile, per non dire medievale, non è solo un problema delle donne e per le donne, bensì incide sulla crescita del Paese, che “tiene praticamente in panchina il 50% del suo capitale umano”, come ha recentemente dichiarato Emma Bonino.
 
Secondo una ricerca dell’ong ActionAid, in Italia sono donne il 20% dei parlamentari, a fronte del Rwanda (47%) della Spagna (che segna più del 34%), della Germania (con il 27%) e della Francia, che ci supera di pezzo punto con il 20,5%. Persino l’Afghanistan – dice ActionAid – a livello di rappresentanza politica supera il Bel Paese. In Italia 4 donne su 10 lasciano il lavoro dopo la prima gravidanza, in un contesto che manca quasi totalmente di welfare e tutela per le lavoratrici precarie. Insomma, se negli anni Settanta le donne scendevano in piazza per chiedere a gran voce la legge sull’aborto, adesso invece dovrebbero farlo per chiedere il giusto diritto alla maternità, visto che in poche possono permettersi di diventare mamme.
 
A questo si aggiunge l’onta dell’etichetta di paese “femminicida”. A parlare è sempre l’Onu, che in una relazione ha affiancato l’Italia al Messico (condannato nel 2009 dalla Corte interamericana per i diritti umani per il femminicidio di Ciudad Juarez). Dal 2006 al 2010 in Italia le vittime di omicidio da parte del partner o di un ex compagno sono lievitate da 101 a 127. Come se non bastasse, Roma non ha ancora ratificato la Convenzione del Consiglio d’Europa sulla prevenzione e la lotta alla violenza nei confronti delle donne.
 
Di fronte a questi dati impietosi, la “battaglia” delle nostre parlamentari per le “quote rosa” nei dibattiti politici televisivi ha il sapore di un affronto per tutte quelle donne che in tv non ci vanno o, se lo fanno, solitamente è per qualcosa di molto brutto che gli è capitato. Prendiamo esempio dal Rwanda, chissà che non cambi qualcosa anche qui in Italia.

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