La sfiducia popolare nei partiti ha raggiunto il picco del 91 per cento: cioè meno di un cittadino su dieci apprezza partiti grandi, piccoli e fai da te.
La popolarità della politica è crollata al 4 per cento, segno inequivocabile che, fra partiti e politica, il dislivello è stratosferico. A meno di sessanta giorni dalle amministrative di maggio si registra, però, un pullulare di liste di candidati, nella stragrande maggioranza costituite da liste civiche nell’illusione che, celandosi dietro emblemi più inverosimili, stia il segreto della riscossa politica.
Anche nei paesi che hanno conosciuto il gioco elettorale di recente, la frantumazione non indica forza partecipativa, ma solo debolezza di sostanza.
Un tempo si attribuiva alla proporzionale la responsabilità dell’eccesso di liste e di candidati. Da circa un ventennio la proporzionale, bistrattata e battezzata come un peccato capitale, è episodica e marginale; e, tuttavia, la frammentazione la fa da sovrana.
I politologi del bipolarismo esasperato e dell’indifferentismo verso un astensionismo sempre più prossimo al 50 per cento del corpo elettorale, dovranno pure spiegarci perché mai la politica è scesa così in basso e l’indifferenza dei cittadini verso i partiti organizzati o allestiti per soddisfare ambizioni di sprovveduti e impreparati è la cifra più netta della partecipazione politica.
Politologi e politici sempiterni dovranno pur fornire qualche spiegazione sul loro fallimento, causa prima della montante antipolitica.
Se si continua a procedere come se il mondo fosse immobile e il cittadino si beve anche fiele e cicuta come fossero elisir di lunga vita, non ci si meravigli se, poi, non all’improvviso, anche ministri dell’ultima leva si lasciano andare a giudizi squallidi circa la condizione della lotta politica.
Forse è urgente incominciare a ragionare ad imis. A riflettere sul crollo indubitabile delle ideologie promettenti paradisi terreni che, invece, erano e sono inferni quotidiani per buona parte dei paesi in guerra per difendere il proprio orticello dalle leggi impietose di una globalizzazione massificante.
Sicuramente è indispensabile accantonare il vizio della dissociazione come antidoto alla frammentazione. L’uniformità e il conformismo sono strumenti dei furbetti di ogni latitudine, non la terapia più indicata per cercare di venir fuori da mali mortali.