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La frenata della Cina

Campanello d’allarme per la bilancia commerciale cinese. Per la prima volta dopo vent’anni segna rosso il saldo import-export di Pechino. Una frenata pari a 31,5 miliardi di dollari secondo quanto comunicato dall’ufficio doganale nazionale. Si tratta di cifre più o meno attese da leggere con attenzione prima di parlare di trend negativo in corso per l’economia dell’Impero di mezzo. Infatti il deficit di febbraio non arriva dal calo dell’export, cresciuto dell’18,4%, 114,5 miliardi di dollari, rispetto allo scorso anno ma dall’aumento ancora maggiore delle importazioni, 39,6%, circa 150 miliardi di biglietti verdi.
 
Se a ciò si aggiunge che i consumi della repubblica popolare nei primi due mesi dell’anno sono sempre marcati dai divertimenti del Capodanno lo scenario appare più delineato. Un omogeneo confronto dei dati con lo stesso periodo del 2012 è però impedito dal fatto che nel 2012 le festività sono cadute a gennaio mentre lo scorso anno era stato febbraio il periodo centrale delle celebrazioni. Diversi osservatori hanno perciò preferito concentrasi nell’analisi dei primi due mesi dell’anno. Anche in questo caso il risultato è piuttosto particolare. Per gennaio e febbraio il saldo commerciale positivo, 4,3 miliardi di dollari, è dato dal doppio aumento di esportazioni, 6,9%, e importazioni,7,7%. Cifre modeste se confrontate con quelle che hanno segnato la crescita degli scorsi anni. In linea invece con le tendenze mostrate a gennaio.
 
All’apertura del Congresso nazionale del popolo, l’esecutivo cinese si era detto certo che nel 2012 il tasso di crescita dell’export sarebbe stato pari al 10%. Secondo gli analisti, i numeri reali riflettono il forte calo delle commesse europee, al contrario di quelle russe e brasiliane che hanno compiuto un significativo passo avanti. Il robusto aumento di importazioni di materie prime, petrolio, ferro e rame, è l’altro fattore che incide sui dati stagionali. A dimostrazione che le cifre riflettono in gran parte la congiuntura stagionale senza apparentemente toccare i parametri interni. Se da soli i dati commerciali dicono poco, associati a quelli dell’inflazione rendono invece il quadro complessivo meno semplice.
La crescita dei prezzi al consumo è infatti passata dal 4,5 al 3,2%. Un calo maggiore di quanto il governo si aspettasse.
 
Nonostante le preoccupazioni dovute a questa spiacevole sorpresa, l’esecutivo comunista non intende venir meno alle strategie esposte nel piano economico 2012. La politica monetaria e fiscale resterà controllata. Gli stimoli prenderanno probabilmente la forma della diminuzione dell’Iva o quello dell’abbassamento del minimo delle riserve monetarie possedute dalle banche. Per il momento gli allarmi gli appelli di chi vorrebbe osservatori allentamenti fiscali e monetari sono destinati a restare lettera morta.
 
 


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