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La sfida del giornalismo? È nel reinventarsi

È morta la carta stampata? Se ancora no, quanto tempo le resta di vita? Domande a cui è impossibile dare una risposta semplificata. Basta andare in qualsiasi edicola italiana e le contraddizioni saltano alla vista. Un quotidiano, “Il Riformista”, che spiega le ragioni per le quali la chiusura è quasi imminente, e un mensile “Il” de Il Sole 24 ore, che ritorna in scena con una prima pagina che, riconoscendo le difficoltà che attraversa la carta stampata, mette in risalto però i casi di successo e segnala una possibile via d’uscita per la sopravvivenza dei giornali: rinnovarsi.
 
“Se ti uccideranno, non ti suicidare” è stato il titolo della conferenza tenuta dalla giornalista del quotidiano “El País” Soledad Gallego-Díaz durante l’inaugurazione dei master dell’Università Complutense di Madrid. La reporter sostiene che, in questo momento di cambiamento per il mestiere, ci saranno molti “decessi”. Ma più che riflettere sul contenitore del giornalismo (carta stampata o digitale?) è necessario ri-pensare “che cosa è il giornalismo in questa nuova epoca”. È compito degli stessi giornalisti, essendo fedeli al rigore, all’entusiasmo e alla passione, smettendo di essere compiacenti con il potere, evitare la scomparsa della professione e, di conseguenza, dei prodotti editoriali.
 
“IL”, è la carta bellezza
 
“La notizia della mia morte è fortemente esagerata”. Con un adattamento dell’autoironico annuncio di Mark Twain, la copertina del mensile “Il” de Il Sole 24 ore vuole dimostrare che, nonostante le difficoltà, “l’epitaffio della carta è quantomeno prematuro”. E per farlo racconta le storie positive di giornali che ci stanno riuscendo.
 
È vero, molte pubblicazioni in Italia e non solo stanno chiudendo i battenti. Ma altri scommettono ancora. E il motivo è che al di là delle trasformazioni tecnologiche, nel mondo la sete di informazione è in aumento ed è su questa necessità che i giornali devono puntare.
 
Nell’editoriale “È la carta, bellezza”, il direttore di “Il”, Christian Rocca non ignora gli ostacoli che minacciano l’uscita dei giornali ma ricorda che l’informazione va fortissimo nei paesi in crescita e che nei paesi dell’Asia e il Pacifico la diffusione è aumentata. “Oggi la strada per la rinascita dei giornali è crearsi una nicchia, puntare sui tratti distintivi, differenziarsi dai concorrenti, scommettere sulla qualità. Immaginare riviste da vedere, da toccare, da possedere”, ha scritto Rocca. Come in parte hanno fatto “Chimurenga”, il magazine panafricano di cultura, politica ed attualità; l’iniziativa “BuzzFeed”, covo di scoop politici americani e “Europe Chinese News”, un giornale cinese a Milano. Tutti esempi positivi che sono stati raccolti e approfonditi da “Il”.
 
E chi ci mette i soldi? Ci sono ancora tanti imprenditori che credono nella carta stampata e non si risparmiano nell’investire. Dall’australiana Gina Rinehart al messicano Carlos Slim. Perché, come ricorda Rocca citando la signora Shaw-Law, proprietaria della casa Lavin e dei media in Taiwan: “la carta tocca il cuore, Internet no”.
 
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