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Meteo e media, mitico connubio

Dopo un inverno che sembrava segnalarsi per la sua mitezza, le temperature siberiane di febbraio hanno riportato spasmodicamente l’attenzione mediatica sulle condizioni meteorologiche. Le immagini di Roma sepolta dalla neve sono diventate la notizia principale non solo su giornali e Tg, ma anche sugli onnipresenti social network. Ognuno ha postato il suo album fotografico della capitale imbiancata.
 
Non è certo una novità per i media nazionali, spesso criticati per il tono allarmistico e iperbolico con cui, sia afa o gelo, trattano ogni cambio di stagione. Limitarsi a una generica ironia su titoli che dipingono di volta in volta l’Italia nella morsa del gelo, della canicola, del diluvio o della siccità non spiega il successo di questo genere di notizie che negli ultimi anni hanno occupato le prime pagine quasi quanto i casi di cronaca nera. Lasciando da parte le solite letture complottiste sui tentativi di distrazione dell’opinione pubblica dai “veri problemi”, questa tipologia di informazione diventa interessante proprio per la sua natura archetipica.
 
Il rapporto col tempo evoca quello con le immagini, ma soprattutto con la natura, intesa come organismo dotato di un suo senso nascosto. Inoltre una fortissima perturbazione finisce per riguardare la vita quotidiana delle persone in maniera più immediata ed evidente anche di una grave crisi finanziaria o di un incidente ad alto potenziale metaforico come il naufragio della Costa Concordia. Si dice che si parla del tempo quando sono finiti tutti gli altri argomenti di conversazione, ma una simile affermazione sottolinea che la meteorologia è un argomento primario del discorso, proprio per la sua neutralità. Il maltempo non è interpretabile, è difficile leggervi un complotto o un retroscena, nel caso invece lascia spazio ad aneddoti dei quali poi si nutrono le cronache mediatiche: l’automobilista intrappolato sull’autostrada, la vecchietta isolata e senza elettricità, gli eroici volontari della protezione civile.
 
Il tema dunque permette di mettere insieme un approccio generale e una gran varietà di casi singoli. Dietro il trionfo della notizia meteorologica si nasconde un’angoscia più profonda. L’alluvione, la tempesta perfetta o semplicemente la nevicata che blocca il Grande raccordo anulare sono eventi gratuiti che accadono senza preavviso e senza logica. Come non vedere in questi fenomeni la manifestazione di un contatto con la metafisica che all’uomo contemporaneo tende a mancare? Si potrebbe accostare il successo della meteorologia presso il pubblico a quello dei film catastrofici, nei quali l’uomo deve tornare a combattere non più con i propri fantasmi esistenziali ma con la natura matrigna.
 
Le manifestazioni naturali infatti rimandano a un’assenza di controllo sulle cose, a una potenza oscura che va in qualche modo mitigata o blandita. Attraverso queste narrazioni ancestrali giornalisti e media riportano all’attenzione del pubblico la lotta o quanto meno il rapporto fra uomo e ambiente. L’iperbole o il gusto dell’aneddoto contribuiscono a drammatizzare il rapporto assumendo quindi l’aspetto di vere e proprie leggende del contemporaneo. Quando i media approcciano la natura si entra dunque nella dimensione del mito.
 
Indice delle cose notevoli:
 
 
 
 

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