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Cosa accadrebbe se l’Europa fosse un’economia unica

La crisi ha paralizzato la governance europea, lasciando per lungo tempo l’Europa senza alcuna risposta adeguata ad assicurare la stabilità dell’euro, la solvibilità dei debiti sovrani e fermare il temuto contagio. Quanto successo è stato il risultato di un senso di incertezza in merito sia a come affrontare la prima vera grande prova per l’economia europea da quando è stata introdotta la moneta unica sia a come risolvere il difficile problema della speculazione, sempre forte nei mercati, a causa della condizione di vulnerabilità delle finanze pubbliche di alcuni stati membri.
 
Risposte come l’European Financial Stabilisation Mechanism (Efsm) e l’European Financial Stability Facility (Efsf) ma anche il Securities Market Programme (Smp), sono stati i primi tentativi di evitare il peggioramento della crisi. Tuttavia solo dalla fine del 2011 i leader europei hanno cercato, con maggiore fattività e concretezza, gli strumenti e le politiche per rispondere alla crisi e superare la paralisi, anche se il cammino per uscire fuori da questa fase economica è ancora lungo e l’impegno richiesto è tanto.
 
Tra i nuovi passi fatti, i più recenti sono quelli del 2 marzo 2012. Durante lo scorso Consiglio Europeo, sono state approvate cinque priorità, incentrate su crescita, occupazione e cura delle conseguenze sociali della crisi, inoltre, i leader di tutti gli Stati membri dell´Ue, ad eccezione del Regno Unito e della Repubblica Ceca, hanno firmato il Fiscal Compact, anche conosciuto come Trattato sulla stabilità, il coordinamento e la governance nell´unione economica e monetaria per salvaguardare la stabilità dell’eurozona.
 
Ma oltre all’importanza dei temi della crescita e delle risposte ai problemi sociali dell’Europa in crisi, questo trattato, con le sue nuove regole che prevedono il patto di bilancio, il coordinamento delle politiche economiche nazionali e l’obbligo di convocare riunioni del Vertice euro alle quali dovranno partecipare almeno una volta all’anno anche i rappresentanti dei paesi che non hanno adottato l’euro, non entrerà in vigore prima della ratifica di almeno 12 stati membri(la data obiettivo è il 2013).
 
A fianco alla speranza che il Fiscal Compact entri in vigore nei tempi previsti e che si possa procedere con maggiore determinazione per portare l’Europa fuori dalla crisi, cerchiamo di superare questa fase, con un primo risultato: capire le ragioni di questa fragilità economica dell’Europa e provare a pensare a cosa, nel lungo periodo, potrebbe metterci nelle condizioni di non farci trovare di nuovo impreparati per il futuro.
 
A renderci più vulnerabili è stata, sia la mancanza di coesione economica fra le varie aree dell’Unione Europea (in particolare all’interno dell’eurozona), sia l’assenza di un’autorità che potesse agire, a nome e per conto degli interessi economici dell’Unione Europea come un soggetto unico, lasciando le scelte a leadership nazionali, che non potranno mai esser la risposta adeguata al bisogno di una voce unica per il futuro dell’Europa (e questo non vale solo per l’ambito economico). Una riflessione ben più ampia è quella sul ruolo della Bce nella governance europea, ma servirebbe un altro articolo per trattare questo tanto dibattuto argomento.
 
Resterà nella storia la foto del primo incontro (a fine novembre 2011) tra l’Unione Europea e gli Stati Uniti, con i leader delle due sponde dell’Atlantico seduti allo stesso tavolo a Washington, non in rappresentanza di stati nazionali ma, anche nel caso europeo, di unioni di Stati. Purtroppo, quell’incontro, non rappresenta lo status quo dell’Europa, che seppur sogna l’integrazione politica, ma non ha ancora neanche raggiunto la completezza del suo mercato unico.
Per rafforzare il nostro continente nel lungo periodo e farne un sistema istituzionale preparato a affrontare future crisi, bisognerebbe completare il mercato interno e riprendere il cammino interrotto dopo l’entrata in vigore dell’euro, quello della coesione, perché l’Europa sta soffrendo principalmente per poca coesione.
 
Oggi, come quando a guidare la costruzione dell’Unione Europea erano alcuni grandi obiettivi di riferimento, basta pensare all’importanza che ha avuto l’obiettivo del mercato unico sin dal 1957, abbiamo bisogno di una prospettiva che dia credibilità e stimoli l’impegno per il futuro e quest’obiettivo dovrebbe esser quello di un’economia “europea”, che vada oltre il mercato comune e la moneta comune, presentandosi esternamente, come soggetto unico. Il risultato di un’economia unica europea non può esser raggiunto con il coordinamento di politiche economiche nazionali, bensì solo con nuove politiche economiche europee, elaborate per introdurre step by step nuovi criteri di convergenza (che superino quelli che sono stati necessari per permettere a uno stato di adottare la moneta unica). Già durante i negoziati per definire quei criteri conosciuti come parametri di Maastricht, c’era chi, e tra questi anche un italiano, aveva proposto criteri diversi che dovevano riguardare altri ambiti, oltre all’inflazione e alla finanza pubblica, come ad esempio il mercato del lavoro.
 
Senza una politica della convergenza, che provi a risolvere le tante divergenze economiche dell’area europea, e questo vale ancor di più per l’eurozona (in quanto, come insegna il Premio Nobel Mundell, una moneta unica non potrà mai funzionare se adottata a economie diverse, a causa dei continui shock asimmetrici interni), saremo sempre vulnerabili.
Dovremo iniziare a pensare a cosa fare per realizzare una convergenza economica, che nel tempo, permetta all’Unione Europea di presentarsi come un’unica economia. D’altronde nel 2050 nessuno dei singoli Paesi europei, potrà essere tra le prime dieci economie mondiali (Fonte: 2020 Euromonitor; 2030 e 2050 Pwc) mentre, se l’Ue fosse un’economia unica, già oggi sarebbe la prima economia del mondo, con un Pil che nel 2010 è stato di 16200 trilioni di dollari, mentre quello degli Usa era di 14600 e un tasso di crescita dal 1996 al 2010 che è stato del 2,0% per l’Ue e del 2,5% per gli Usa (Fonte: Imf).
Per andare oltre la crisi, cercare di rifondare la fiducia e la solidità dell’economia europea, oggi indebolita da egoismi nazionali, dall’assenza di risposte globali e dalla miopia politica, e per coltivare il sogno di una prospettiva nuova per un’economia più efficiente e competitiva, la soluzione non potrà fare a meno di considerare anche una strategia per un’economia unica europea.


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