Secondo HSBC, entro il 2020 la Cina liberalizzerà completamente il corso dello yuan. Lo ha sottolineato Bernhard Esser, analista capo di Trinkaus & Burckhardt, controllata tedesca dell’istituto londinese. “L’apertura andrà avanti anche se l’esecutivo cinese ritiene ancora poco sviluppato il mercato dei propri capitali” ha fatto presente l’economista in una conferenza stampa a Francoforte. Una strategia questa dettata dalla costante crescita finanziaria dell’Impero di mezzo ma soprattutto da quella che Pechino ritiene la “trappola del dollaro”. A seguito dell’ancoraggio della propria valuta a quella statunitense la Cina ha accumulato riserve pari a tremila miliardi di biglietti verdi. Un volume di liquidità di cui le autorità del Paese fanno fatica a sbarazzarsi e dipendente dalla politica monetaria di Washington per il suo valore reale.Questa è la ragione per cui a partire soprattutto dal 2009 Pechino sta lentamente rendendo sempre più utilizzabile e spendibile la propria moneta. Dai dati HSBC si evince come lo yuan sia già valuta impiegata nel commercio internazionale classico, ossia lo scambio di merci e servizi tra Cina e altri paesi. ll movimento dei capitali cinesi si presenta invece ancora regolato nonostante gli stranieri possano investire, accedere al credito, acquistare azioni di imprese quotate alla borsa continentale del paese e collocare sulla piazza di Hong Kong. Diventata grazie alla politica “un paese, due sistemi” un importante centro commerciale finanziario, turistico e aeroportuale, la penisola è vista dalla madre patria come un laboratorio per sperimentare la completa liberalizzazione dello yuan.
Un altro tema che negli scorsi anni ha interessato l’imprenditoria internazionale è l’emissione di obbligazioni in yuan, Dim-Sum, trattabili anche oltre la Cina continentale. Volkswagen, 1,5 miliardi di yuan, Lanxess, Ford e Caterpillar, hanno già utilizzato questa strada per piazzare i rispettivi titoli e accedere a tale forma di credito.. Dopo Hong Kong, 589 miliardi di yuan, sono Singapore e Londra le altre importanti piazze finanziarie dei depositi cinesi. Secondo HSBC, motivi politici spingono invece le aziende americane ad approcci più prudenti nei confronti dello yuan.