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Scambi culturali in TV, ma girala come vuoi…

Fabio Volo approda a Rai 3 con il programma “Volo in diretta”. Il programma, che è molto curato nei testi, nella coreografia e nella scelta delle interviste, ha l’ingrato compito di doversi collocare nella fascia oraria che fu della Dandini, ottenendo, se possibile, gli stessi risultati in termini di ascolti.
 
Lo showman bergamasco deejay radiofonico, autore di best seller popolarissimi da far inorridire tutti gli Accademici della Crusca ma per nulla gli editori, è alla ricerca di un posizionamento di marketing televisivo non banale. Ad attenderlo, o a non attenderlo, stando ai primi risultati di share, un pubblico schierato, con qualche pregiudizio ideologico, esigente sul piano culturale, se per cultura intendiamo quella fabbrica di seriosa e sussiegosa polenta del sapere, girata e rigirata, dai: Corrado Augias e Piero Angela. Unici dinosauri che paiono resistere a qualunque crisi, non solo di ascolti. Augias andrà addirittura in replica nella striscia preserale della terza rete Rai.
 
Fabio Volo, pare, non riesce a bucare questo segmento di mercato. Intervistare Franco Battiato, che si presta al gioco, del quale durante l’intervista si sente la voce del pensiero disperarsi per aver accettato l’invito del per nulla intellettuale showman, non basta. Così come non basta parlare di filosofia e di articolo 18. Intervistare Noam Chomsky. Scomodando cioè tutte le frecce tipiche con cui si raggiunge il telespettatore target di Rai 3. Niente.
 
Quello di Volo non è però l’unico esperimento, nel marketing televisivo, di questi tempi recenti. Assai più carpiata, infatti, è la presenza di Luciana Littizzetto ad Amici, ospite di Maria de Filippi. Luciana Littizzetto, sulla cresta dell’onda in TV e al cinema, è oggi tra le più popolari comiche italiane, anche se spesso la straripante comicità sembra basarsi prevalentemente sul fatto che è una donna a suo agio con la terminologia, tipica degli spogliatoi maschili, fatta di organi riproduttivi e feci.
 
La Littizzetto è la maschera, tutta valter e iolande, che parla a Napolitano, al Papa facendosi megafono qualunquista di sinistra. Che permette alla sinistra colta, quella del Palasharp, di raggiungere i comuni mortali, coloro che dell’articolo 18, di cui parlano quelli che non ne hanno bisogno, hanno bisogno davvero.
 
Chissà se il pubblico un po’ radical chic, che pranza con prodotti slow food mentre guarda Passepartout del bravissimo ed endomorfo Daverio, avrà gradito questa comparsata della Littizzetto nella rete del nemico, in un programma così poco alto, con a fianco, nientepopodimeno che Belen Rodriguez.
 
Chissà se, quando la Littizzetto ammette alla De Filippi di non riconoscersi nella stessa specie della Rodriguez, non si riferiva all’evidente differenza fisica, ma ad una certa distanza culturale.
 
Chissà, certo è che queste novità in TV fanno pensare a un’importante operazione che gli operatori della fabbrica culturale stanno celebrando alle nostre spalle. Fanno pensare che sia in atto un tentativo di creare un’opinione pubblica da grande koalition. Un’opinione pubblica dove poter cementare quella trasversalità popolare, che è sempre stata nei fatti, ma che il crollo delle ideologie ha frantumato.
 
Ora che non c’è più il partito dei catto-comunisti, di Camillo e Peppone, bisogna inventare una formula dentro cui sistemare l’operatore dei call center, il cassa integrato, il precario e l’impiegato pubblico che ingrassano di voti le urne il giorno delle elezioni.
 
In un paese come il nostro, troppo poco comunista e troppo poco atlantista, la lotta sindacale è arrivata prima delle fabbriche stesse. E così, ora che fabbriche ce ne sono sempre meno, ora che le classi medie che fanno l’elettorato sono l’insieme dei nuovi lavoratori precari difficilmente recintabili in una sigla sindacale, si rende necessaria un’operazione culturale di massa attraverso la quale i figli di coloro che vissero il 68 oggi possano ridere della Littizzetto mentre guardano il talent show della De Filippi. E che, presto, costituiscano la base elettorale del nuovo, unico grande mostro politico fatto di quel centro in cui franano i pezzi di quei partiti che hanno provato a interpretare negli ultimi due decenni, senza riuscirci, il bipolarismo.
 
Il grande vero rammarico è che a decidere delle nuove generazioni non sono più le generazioni dei padri ma quelle dei nonni, troppo arzilli da guardare Belen e troppo privi di gusto da ridere della Littizzetto.
 
Michele Fronterrè, siciliano, laureato in Ingegneria Aerospaziale al Politecnico di Torino 10 anni fa. Nel 2007, ha co-fondato presso I3P, l´acceleratore d´imprese del Politecnico di Torino, Ingenia, una start-up che opera nel mercato dell´uso razionale dell´energia. Dalla fine dello stesso anno si occupa anche dello sviluppo commerciale di Cantene, società sempre all´interno di I3P che si occupa di servizi di ingegneria quali l´analisi, mediante l´utilizzo di simulazioni numeriche, di fenomeni d´incendi in spazi confinati.
Ha scritto “Imprenditori d´Italia, storie di successo dall´Unità a oggi” (Edizioni della Sera, 2010)
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