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Falcone e Borsellino, morti invano?

Oggi Giovanni Falcone avrebbe festeggiato 73 anni. Il 23 maggio di vent’anni fa la sua Croma bianca viene fatta saltare in aria a Capaci, uccidendo il magistrato insieme alla moglie e a tre agenti della sua scorta. Dopo 57 giorni, il 19 luglio, perde la vita il suo amico e collega Paolo Borsellino, con cinque agenti nell´attentato di via d’Amelio a Palermo. Venti anni dopo, celebrazioni e programmi in tv ricordano il loro sacrificio. Noi lo facciamo con Aldo Giannuli, storico e saggista che ha collaborato alla Commissione stragi dal 1994 al 2001.
“Possiamo dire che il tentativo di Falcone e Borsellino è andato perso. Nei fatti si è stabilita una tacita intesa con la mafia. Ci sono molti meno morti che in passato ma abbiamo rinunciato all’idea di sconfiggerla. Sì, rimangono gli slogan nelle ricorrenze ma sono solo placebo, le azioni per ora sono solo di contenimento, non di sradicamento”.
 
Secondo Giannuli l’Italia oggi corre un rischio gravissimo: “Stiamo ballando sul ciglio di un vulcano. La malavita potrebbe infiltrarsi nel preoccupante clima di rabbia sociale che si respira. Potrebbe nascere un terrorismo di tipo latino-americano, come il fenomeno dei narcos”. Gli assalti ad Equitalia fanno davvero paura. Qui sta il problema e non va accomunato con la gambizzazione dell’ingegnere dell’Ansaldo nucleare, Roberto Adinolfi: “Ciò che è accaduto a Genova è un fatto grave e il posto per chi ha compiuto questo gesto è sicuramente in galera. Ma questo singolo attentato che ha destato tutto questo clamore, fatto tra l’altro in modo non particolarmente sofisticato, dobbiamo confrontarlo con le stagioni in cui fatti del genere avvenivano ogni giorno”. Per questo Giannuli giudica controproducente l’allarme lanciato ieri dal ministro dell’interno Anna Maria Cancellieri e cioè il “pericolo per 14mila obiettivi sensibili”. Secondo lo storico, “il terrorismo vince quando esce sui giornali, non bisogna enfatizzarlo ma sminuirlo”.


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