“Oggi vi è particolare bisogno che il servizio della Chiesa al mondo si esprima con fedeli laici illuminati, capaci di operare dentro la città dell’uomo, con la volontà di servire al di là dell’interesse privato, al di là delle visioni di parte”.
E’ questo l’appello di Benedetto XVI, lanciato ieri a Sansepolcro riprendendo i concetti già espressi in mattinata durante la messa ad Arezzo. Oltre a non scoraggiarsi, insomma, c’è anche bisogno di darsi da fare, perché, secondo il papa, “il bene comune conta di più del bene del singolo, e tocca anche ai cristiani contribuire alla nascita di una nuova etica pubblica”.
Come “ricorda la splendida figura del neo-beato Giuseppe Toniolo”, perchè “alla sfiducia verso l’impegno nel politico e nel sociale, i cristiani, specialmente i giovani, sono chiamati a contrapporre l’impegno e l’amore per la responsabilità, animati dalla carità evangelica, che chiede di non rinchiudersi in se stessi, ma di farsi carico degli altri”.
“Ai giovani – dice Benedetto XVI – rivolgo l’invito a saper pensare in grande: abbiate il coraggio di osare! Siate pronti a dare nuovo sapore all’intera società civile, con il sale dell’onestà e dell’altruismo disinteressato. E’ necessario ritrovare solide motivazioni per servire il bene dei cittadini”.
Non è casuale che questo richiamo sia stato fatto alla vigilia della prossima assemblea generale della CEI che non potrà non riflettere sull’esito delle ultime elezioni amministrative italiane, dopo quelle in Grecia e nella Francia e la pesante sconfitta di ieri della Kanzlerin Merkel nel Lander del Nord Reno Wesfalia.
Il richiamo del Papa è stata una delle spinte essenziali che ci hanno motivato a intraprendere l’iniziativa per la ricostituzione degli organi della Democrazia Cristiana, partito mai sciolto secondo la sentenza inappellabile della Cassazione, e che intendiamo riproporre quale luogo privilegiato per i cattolici italiani che intendono impegnarsi dentro la città dell’uomo.
In particolare ci rivolgiamo ai giovani che, in un momento di pesanti difficoltà per il lavoro e per la formazione delle nuove famiglie, rischiano di lasciarsi andare allo scoramento e alla sfiducia per riacquistare la speranza e l’opportunità di un impegno .
Con lo sfarinamento verificatosi nell’elettorato del Pdl frustrato e indeciso tra astensionismo e voto di protesta, l’annunciato scioglimento da parte di Casini dell’abortito Terzo Polo, una riorganizzazione del centro si impone qualunque sia la legge elettorale che si finirà con l’adottare per le prossime elezioni.
Dopo il primo incontro di Todi, conclusosi con la presa d’atto di un riavvicinamento tra le diverse anime dell’articolato universo del cattolicesimo politico e sociale italiano e la promozione di alcuni autorevoli esponenti a ministri del governo tecnico, si sta preparando una seconda riunione per la quale, si sussurra, si intende stendere un manifesto programmatico su cui potrebbero discutere gli stessi vescovi nell’assemblea generale di fine mese.
Al centro del manifesto Luigi Sturzo il cui impegno politico era la vita buona secondo il Vangelo e Alcide De Gasperi e la sua capacità di costruire un progetto politico sul quale poterono convergere tanti cattolici e laici riformisti.
A questi generosi amici che stanno preparando la seconda Todi, vorremmo sommessamente far presente che di quell’eredità sturziana e degasperiana la DC italiana ne è a pieno titolo legittima coerede e intende continuare ad esserlo ancora per lungo tempo.
Lo faremo riaprendo il tesseramento a quanti intendono con noi concorrere alla costruzione della sezione italiana del PPE per celebrare insieme il XIX Congresso che terremo a Trento nel prossimo autunno.
E’ tempo che anche gli amici dell’Istituto Luigi Sturzo riconoscano questo dato di fatto antico e nuovo della politica italiana: la DC è tornata e vive in mezzo a noi offrendo alle nuove generazioni un indispensabile strumento di riaggregazione politica di cui l’Italia ha assoluta necessità. L’esigenza di mettere insieme il passato e il futuro per superare il presente, espressione del fallimento del “nuovismo” su cui si sono costruite le fragilissime basi della cosiddetta Seconda Repubblica ormai morta.