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New realism show

Una novità della stagione Tv è stata certamente il flop del Grande fratello, seguito dall’annuncio che, non solo la storica trasmissione Endemol avrebbe chiuso in anticipo, ma che per almeno un anno il programma sarebbe stato sospeso, in attesa di capire i motivi del clamoroso fiasco. L’episodio, che si inquadra in una generale crisi del panorama televisivo, si collega abbastanza curiosamente al dibattito sul ritorno del realismo in corso sulle pagine culturali dei quotidiani. Il filosofo Maurizio Ferraris ha infatti convocato a Berlino una conferenza intitolata New realism con la partecipazione dei più grandi nomi dell’intellighenzia internazionale come Umberto Eco o John Searle.
 
La polemica è diretta soprattutto verso esponenti filosofici post-strutturalisti come Gianni Vattimo, il maestro del pensiero debole. L’oggetto del contendere è il rapporto tra realtà e interpretazioni che, secondo i fautori del New realism, è da troppo tempo sbilanciato in favore dell’interpretazione, con esiti drammatici dal punto di vista politico, per il divampare di ideologie e fondamentalismi, e da quello artistico, per il tramonto di ogni opzione oggettiva nella rappresentazione.
 
Nel fallimento del reality per eccellenza si sarebbe tentati di vedere la dimostrazione che, in un momento di crisi economica e sociale, il pubblico concentra l’attenzione sui fatti quotidiani, rifiutando la rappresentazione virtuale di un’Italia godereccia quanto inesistente. Bisogna però obiettare che agli occhi di molte persone, soprattutto degli addetti ai lavori che ruotano nel mondo dei reality, queste operazioni non appaiono affatto “antirealistiche”, anzi in una certa misura riassumono l’essenza del Paese reale. In questa impostazione l’immagine sarebbe dunque neutra, perché si limita a registrare. La quotidianità dei concorrenti non è perciò una rappresentazione ma vita colta sul fatto dai telespettatori.
 
Paradossalmente Ferraris e gli autori del Grande fratello avrebbero in comune la convinzione che il linguaggio o l’immagine, solo che uno abbia le intenzioni di usarli nel modo giusto, esprimano magicamente il reale o addirittura la sua essenza. Non si tratta di contestare l’oggettività di alcuni fenomeni, per esempio delle leggi della fisica, dato che comunque ogni persona è legata ai suoi sensi, ma di evitare di concepire il linguaggio, e quello delle immagini televisive è tale, come un fatto neutro, capace di registrare di per sé la sostanza dei fenomeni descritti.
 
Il Grande fratello, con casting, scenografia e telecamere piazzate, anche in assenza di un testo prefissato è già un’interpretazione critica della realtà, basata sulle previsioni di quello che i personaggi potrebbero fare. C’è un pregiudizio che precede l’azione e c’è un giudizio critico nel registrare le azioni dei protagonisti. Il reality dunque non è in crisi per un ritorno della realtà, ma perché è in crisi la rappresentazione univoca della nostra società e questo contribuisce a confondere sia gli autori sia il pubblico. La frammentazione del flusso in cui ci troviamo a vivere non può essere facilmente rinchiusa nei modelli di un reality come non può essere rinserrata in un pensiero filosofico realistico.
 
Indice delle cose notevoli:
* Il manifesto del New realism lanciato recentemente dal filosofo italiano: Maurizio Ferraris, Manifesto del nuovo realismo, Bari, Laterza, 2012
* Un’introduzione al format che ha appassionato l’Italia: Paolo Mosca, Reality. Dal Grande fratello all’Isola dei famosi, Milano, Bompiani, 2009
* Il recente intervento sul dibattito fra realtà e interpretazione di uno dei più famosi filosofi italiani: Gianni Vattimo, Della realtà. Fini della filosofia, Milano, Garzanti, 2012

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