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Russia, ecco il governo Medvedev

Arriva il rinnovamento in Russia. Nell’elenco dei ministri del nuovo governo Medvedev, tre quarti dei ministri sono di nuova nomina. La promessa fatta dall’attuale premier quando era ancora capo dello stato è stata onorata anche in termini quantitativi. In realtà tra i dicasteri chiave, quelli sotto la diretta giurisdizione di Vladimir Putin, il cambiamento riguarda una sola persona. L’attuale titolare degli interni, Raschid Nergalijev, ha perso la poltrona sostituito da un alto ufficiale di polizia.
 
Lascia un indifendibile Nurgalijev, restano i vertici di difesa, esteri e finanze
Nurgalijev era diventato un personaggio scomodo e indifendibile. Lo stato catastrofico delle strutture sotto il suo controllo era da anni oggetto di critiche. Della riforma della polizia cui lui era stato incaricato da Medvedev si è persa ogni traccia. Ancora vivi invece i ricordi dei casi di tortura cui nei mesi scorsi sono rimasti vittime dei cittadini russi. Alcuni morti dentro i locali della polizia. Il cahiers de doléances anti Nurgalijev indigna ancora stampa e opinione pubblica. L’ex ministro, un fedelissimo di Putin, potrebbe ora ripartire dalla vice segreteria del Consiglio per la sicurezza nazionale. Il suo successore agli interni è il generale Vladimir Kolokolzev. Nominato due anni fa responsabile delle forze dell’ordine di Mosca l’alto ufficiale è responsabile del comportamento della polizia verso le manifestazioni di piazza caratterizzato, dopo le elezioni presidenziali, da brutalità crescenti verso le manifestazioni di piazza che del resto proseguono.
 
Immutati i vertici politici di esteri, Sergej Lavrov, difesa, Anatolij Serdjukov e finanze, Anton Siluaanov. Alcune nuove nomine vanno invece nel segno dell’irrigidimento. Il neo ministro della cultura Vladimir Mediskom è piuttosto noto in quanto autore di manuali di storia popolari caratterizzati da nazionalismo, anti-liberalismo e anti-occidentalismo. Igor Sechin, nel precedente esecutivo vice primo ministro responsabile della politica energetica, segnatamente per petrolio e gas, non fa parte del nuovo gabinetto. Anche Sechin, stessi trascorsi politici e amministrativi del leader russo, appartiene al primo cerchio del cosiddetto clan putiniano.
 
Rivincita Sechin
Secondo quanto apparso qualche settimana fa sui media del paese Sechin sarebbe l’autore di un pamphlet anonimo nel quale, oltre ad attaccare la persona dell’ex presidente federale, si definiscono traditori della patria tutti i favorevoli alle privatizzazioni. Smentendo le speculazioni moscovite Sechin non rientra nell’amministrazione presidenziale e non diventa nemmeno direttore generale della compagnia di stato, ancora in fase di progetto, per lo Sviluppo della Siberia e l’estremo oriente russo. Via libera invece per il ritorno a Rosneft. Sarà il nuovo Ad della compagnia energetica di stato da dove nel 2001 era stato estromesso da un decreto dell’ex presidente che imponeva il passaggio delle grandi aziende pubbliche in mani manageriali e non politiche. Il ruolo di Sechin va all’ex consigliere economico di Medvedev, Arkadij Dvorkovich.
 
La svolta è netta ma per ora è prettamente formale. Igor Shuvalov, primo vice premier chiacchierato recentemente per affari creditizi e borsistici poco chiari, continuerà a dirigere il blocco economico finanziario dell’esecutivo. L’ex rappresentante Nato, l’irrequieto Dimitry Rogozin, anche lui tra i vice premier, tenterà di mettere sotto controllo il complesso militare industriale russo. Tra i dicasteri di nuova creazione spicca quello per lo sviluppo dell’estremo oriente affidato a Viktor Ivaschev che resta plenipotenziario del capo dello stato per la circoscrizione federale della regione. Dopo che la lista dei ministri era stata resa pubblica, l’ex ministro delle finanze Aleksej Kudrin, ha giudicato l’esecutivo una “raccolta di tecnocrati incapaci di far fronte alle sfide che attendono il paese”.
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