Da Mosca
“Imprevedibilità”. Era questa l’unica arma in mano ai cechi per battere la Russia. Lo scrivevano i commentatori prima del match che ha aperto le danze dei due Paesi a Euro2012. Un timore ripreso e ripetuto dalla diretta televisiva. Ma è durato poco. Dopo 15 minuti l’imprevedibilità ceca era già domata. Da una squadra che non è ancora l’equipe incandescente dei precedenti europei. Ma nemmeno molto lontana dal quel modello. E con quattro anni di esperienza in più. Il 4-1 finale non lascia dubbi. La Russia può arrivare fino in fondo.
A Mosca tre maxi schermi hanno raccolto circa 10mila persone. Bastava sentir parlare gli spettatori per capire che qui alla vittoria finale ci credono in molti. Impossibile però cercare di ottenere maggiori particolari. Basta provare a chiedere per vederli cambiare subito ruolo e mostrarsi abbacchiati. Nessuna sorpresa. Se c’è un settore dove la superstizione ha buon gioco anche nelle menti più illuminate questo è lo sport. E in Russia, si sa, la superstizione incrocia e sfiora la mistica.
Per questa ragione alla guida della “sbornaja” russa è stata messa una mente razionale. È da un decennio che i trainer sono infatti olandesi. Per la rinascita del calcio Mosca si affida allo stesso paese preso a modello da Pietro il grande quando lo zar si era messo in testa che i propri concittadini dovevano apprendere, costi quel che costi, tecnica e metodi dell’economia occidentali. Olandese era Guus Hiddink, olandese è Dick Advocaat. E il tecnico ha fatto subito capire che la passione è qualcosa da cui tenersi distante. “Normalmente le coppe si alzano alla fine dei tornei, non all’inizio” ha sottolineato il mister che non a caso è anche opinionista dell´emittente olandese NOS Studio Voetbalmister.
L´eroe arriva da Beslan
Il vero personaggio della prima giornata dell’europeo russo è però Alan Jelizbarovitch Dzagoev e non solo per la doppietta con cui venerdì ha steso i cechi. Nato a Beslan quando la città era solo un punto sconosciuto del Caucaso questo ossetino di origine russa ha debuttato a 18 anni in nazionale. Il secondo giocatore più giovane di tutti i tempi a indossare la maglia della propria rappresentativa. Inizialmente un fuoriclasse cercato da club come Real Madrid, Milan e Juventus. Negli ultimi tempi l’erede conclamato di Andrej Arschavin alla guida della nazionale russa sembra essersi perso nella desolazione dei talenti annunciati con troppa fretta. Prestazioni sottono. Gol col contagocce otto in 48 partite. Litigi col proprio allenatore. Perdita del posto da titolare. Pensieri di cessione da parte della squadra. Il CSKA di Mosca progetta di rifilarlo ai rivali cittadini del Lokomotiv. Solo le scuse presentate all’ultimo momento al mister impediscono il cambio di casacca. Ma i fastidi continuano. Frattura a marzo e stagione apparentemente finita. Tra tanti problemi una sola certezza. La fiducia incrollabile di Advocaat. L’olandese non ha mai avuto dubbi sulla ripresa del fuoriclasse. Così nonostante la messa in secondo piano nel proprio club, Dzagoev ha continuato a giocare in nazionale.
Un grande talento e grande feeling col proprio selezionatore. Fino alla vittoria di venerdì. Quando la scomparsa della tremolante afflizione degli ultimi mesi lascia il posto a spavaldi strombazzamenti di vittoria. “È solo il primo incontro, altri cinque e siamo campioni” è stato il primo ardito commento post partita dell’attaccante. Uno squillo d’allarme per Advocaat. Il mister sa che domani a Varsavia la sua squadra dovrà incontrare i padroni di casa. Un avvenimento. Un duello esplosivo al di là del calcio. Architetto di drammi e passioni senza fine. L’olandese sta facendo di tutto per annacquare le tensioni o almeno impedire che si trasmettano ai giocatori. La frase di Dzagoev non è piaciuta. Secondo Advocaat l’attaccante è il solo che può fare la fortuna di una squadra che ha cambiato pochissimo dal 2004. Ma per questo dovrà essere imprevedibile solo in campo.