La lotta alla corruzione è da anni al centro delle politiche globali della comunità internazionale. Dal 1995 l’Ocse redige le Recommendation on Bribery in International Business Transactions, invitando gli stati membri a impegnarsi contro il pagamento di tangenti nello svolgimento delle proprie attività internazionali. L’obiettivo è creare le premesse per uno sviluppo paritetico delle condizioni di mercato per tutte le imprese dei paesi membri, ma il programma non è vincolante, ed è rimesso alla responsabilità di ciascuno Stato. La Convenzione contro la Corruzione dello United Nations Office on Drugs and Crime affronta invece il problema da un punto di vista di governance, ponendosi l’obiettivo di prevenire la corruzione incoraggiando la trasparenza, stabilità e affidabilità dei processi di governo finanziario ed economico.
Ma oltre all’aspetto normativo, la corruzione è innanzitutto un fenomeno sociale: senza una consapevole e responsabile azione riformatrice, la firma di una convenzione non porta a granché. L’effettività dello sforzo dipende dalle singole istituzioni, dalla loro interazione e dalla capacità di coinvolgere tutti i soggetti che partecipano alla vita sociale e politica. Per questo motivo negli ultimi decenni si è assistito al proliferare di autorità nazionali, le cosiddette Anti-Corruption Authority (Aca), autorità indipendenti il cui obiettivo è di centralizzare le attività strategiche nella lotta alla corruzione: prevenzione, monitoraggio, informazione, public policy. Queste attività si estrinsecano nella rivelazione delle informazioni di utilità pubblica, nel monitoraggio in settori specifici, analisi e formazione.
Per loro stessa definizione, per funzionare queste agenzie devono essere indipendenti da pressioni politiche o lobbistiche: compito arduo in un contesto di corruzione sistemica. Per essere efficaci, le agenzie dovrebbero poi essere “permanenti”, evitando incertezze istituzionali e garantendo tempi di azione medio-lunghi. E’ poi fondamentale che le Aca godano della collaborazione sistematica delle altre istituzioni, che le garantisca da ogni ostruzionismo.
Ma prima di tutto sorge il problema dell’istituzione delle Aca, momento cruciale per il successo dell’agenzia. Quali poteri deve avere? Quanta discrezionalità? In che modo dev’essere finanziata? Quali figure professionali e quali competenze deve raccogliere? Come monitorare le attività svolte? Significativamente, il dibattito parlamentare sul Decreto Anticorruzione ha risolto il problema rinviando a data di destinarsi l’istituzione dell’Autorità, invocata dalle organizzazioni internazionali.
Il fatto che questo non abbia destato reazioni nella società civile deve far riflettere sulla capacità di un’Autorità, da sola, di risolvere il problema della corruzione: senza una diffusa consapevolezza delle conseguenze funeste della corruzione sullo sviluppo economico, democratico e sociale del paese, nessuna iniziativa legislativa potrà avere speranza di successo. La lotta alla corruzione deve divenire un tema sentito e principe del dibattito pubblico, automatizzato nei comportamenti concreti dei cittadini. Per alcuni, un tale obiettivo è sinonimo di utopia. Come convincerli che vincere la lotta contro la corruzione è possibile?
La risposta delle istituzioni, più che su proclami e alchimie giuridiche, dovrebbe fondarsi su tre colonne portanti: il sistema di incentivi, l’apparato sanzionatorio, e la sensibilizzazione dei cittadini.
La teoria economica insegna come la propensione di un individuo a compiere un’azione dipenda dal guadagno atteso al netto dei costi. Nel caso della corruzione, tali costi sono – oltre all’eventuale sanzione – di natura sociale. Per questo, prima ancora che pene all’altezza delle cifre in gioco, è necessario stigmatizzare questi comportamenti. La trasparenza e il libero accesso dei cittadini ai documenti della Pubblica Amministrazione devono portare il fiato dell’opinione pubblica sul collo dei trasgressori.
Giacomo Gabbuti
Studente del Master of Science in Economics all´Università di Roma Tor Vergata, dopo la triennale in Economia Europea nella stessa università ed un Erasmus ad Istanbul. Ha collaborato con il progetto “Cultura dell´Integrità nella Pubblica Amministrazione” della Scuola Superiore della Pubblica Amministrazione