Oggi Starbucks ha 20mila locali in 58 Paesi nel mondo (l’Italia ancora ne è esclusa con buona pace dei suoi detrattori, aficionados all’espresso, e rammarico dei suoi fan). Ma cosa accadeva nel 1994 quando l’attuale multinazionale aveva in tutto 300 caffetterie e si preparava a fare il suo sbarco a New York City? L’obiettivo era quello di colpire al cuore i suoi abitanti, coccolandoli con comode sedie, servizio refill, uno staff amichevole e paziente, bagni puliti, wi-fi gratuito. Facendo centro di conseguenza nel cuore degli Stati Uniti e del mondo e dando vita a un amore durato molti anni.
Poi sono arrivati nuovi mercati da conquistare, nuovi successi planetari da festeggiare e della piazza newyorkese all’azienda di Seattle che deve il suo nome a un personaggio di Moby Dick è importato sempre meno. Così come tra due fidanzati stanchi, l’attenzione e la cura sono diminuite giorno dopo giorno.
I newyorkesi tra cui Jonathan A. Knee che racconta oggi di questo love affair su Slate si sono svegliati bruscamente dal loro amore con la caffetteria più famosa al mondo a causa di gesti inequivocabili che non lasciavano spazio a dubbi: le sedie confortevoli sono sparite, il collegamento wi-fi limitato, il servizio refill controllato da severi baristi e i bagni chiusi perché Starbucks non poteva diventare il bagno pubblico della città.
Troppo per gli abitanti della Grande Mela che in una città dalle tentazioni infinite, hanno preferito farsi conquistare da nuovi e più premurosi pretendenti come Joe the art of coffee e café Grumpy. Lasciando Starbucks ai tanti turisti che ogni giorno invadano la città.