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Le micro-opere sono piccole ma vanno avanti

Nel fascicolo di luglio 2011, di fronte alla crisi finanziaria di numerosi teatri lirici e della minaccia che festival estivi di qualità non si sarebbero tenuti, “Formiche” lanciò una proposta: riscoprire le mini od anche micro-opere, a basso costo, con un piccolo organico e senza l’esigenza di scene e costumi complicati e tali da poter essere facilmente trasportate da una località all’altra. Un servizio alla “musa bizzarra ed altera” certamente migliore di quello reso da compagnie improvvisate con cantanti reclutati in Europa Orientale o Asia Centrale che portano un paio di titoli noti (spesso con una pessima dizione e con orchestre improvvisate) in giro per la Penisola.
 
Non era una proposta priva di basi. L’opera è nata come spettacolo da Palazzo da rappresentarsi in saloni delle feste e quando, a Venezia, diventò commerciale veniva rappresentata un teatri da 200-300 posti con organici molto ridotti. Rimase tale sino alla fine del Settecento: pochi ricordano che alla prima esecuzione del Don Giovanni di Mozart in buca c’erano sette violini, un paio di violoncelli, un clavicembalo ed una manciata di strumenti a fiato ed ottoni. Dopo la seconda guerra mondiale, Benjamin Britten vide delle micro e mini opere il futuro del teatro in musica, ne compose di bellissime e la Jubilee Hall di Aldeburgh, dove ogni anno teneva un importante festival, aveva 300 posti e dovette essere ampliata per mettere in scena A Midsummer Night’s Dream.
 
Ad un anno di distanza, cerchiamo di fare il punto senza avere la pretesa di essere esauriente. I festival continuano ad essere in bolletta: al momento in cui viene scritta questa nota sono in forse quelli dedicati a Puccini ed a Verdi. Le mini e le micro-opere, nel frattempo, fanno strada. Pochi sanno che la lirica è tornata a L’Aquila , nel bel “ridotto” del Teatro Comunale (sventrato dal terremoto) con Partita a Pugni di Vieri Tosatti (20 minuti) e Frecciarotta di Riccardo Panfili (40 minuti)- due lavori deliziosi che provano come si possa fare teatro in musica a basso costo. Le due mini opere sono state viste ed ascoltate pure a Roma ed a Foligno e ne ha parlato anche la stampa internazionale.
 
La stagione dell’Orchestra Sinfonica di Roma della Fondazione Roma – un complesso interamente privato che non riceve alcun contributo pubblico e vive dei propri abbonati e del supporto di una fondazione culturale – ha terminato la stagione 2011-2012 con la messa in scena della versione integrale L’Histoire du Soldat di Igor Stravinskij, composta proprio allo scopo di girare per villaggi della Svizzera negli anni della prima guerra mondiale. Esecuzione – direttore Francesco La Vecchia; interpeti principali Cosimo Cinieri e Gioia Spaziani, scene di Giancarlino Benedetti Corcos , regia di Irma Palazzo e Francesco Maria Saggese – tanto più esemplare in quanto negli ultimi anni il capolavoro di Stravinskij è stato visto manipolato, diluito ed allungato al RomaEuropa Festival ed al Teatro dell’Opera.
 
Inoltre, al consueto festival dell’Accademia Montegral in Garfagnana. Girolamo ha presentato in primo mondiale un “minimodramma” di 20 minuti (Amor che nullo) per due pianoforte, un soprano ed un baritono: un fugace “amore ferroviario” tra una manager appena licenziata ed un poeta in crisi che ha abbondato moglie e figlio per ‘rifarsi una vita’. Una scrittura brillante ed ironica, parlato che scivola nel declamato e nell’arioso con citazioni da Dante e Shakespeare. Godibilissimo.
 
La vera notizia, però, è che la mini-opera arriva ad uno dei templi delle opere iper-spettacolari: le Terme di Caracalla. La vera chicca della stagione è Il Combattimento di Tancredi e Clorinda di Monteverdi, rivisto da Giorgio Battistelli, e messo in scena nella piccola Palestra Occidentale.
 

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