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La doppia cura per il debito italiano

L’attuale fase del dibattito di politica economica è contraddistinta dalla prevalenza di chi ritiene che la situazione evolva positivamente e chi, in minoranza, insiste sulla pericolosità del fare poco, illudendo che basti insistere sulla strada intrapresa sia all´interno che a livello europeo per uscire dalla crisi. La persistenza dello spread tra BTp e Bund indica che il mercato ritiene che le cose non siano sostanzialmente cambiate. Purtroppo il mercato non ha una voce che spieghi la sua valutazione sul presente e le sue intenzioni sul futuro; perciò prevale il giudizio che di esso danno il Governo e gli analisti, compresa la grande stampa. L´interpretazione prevalente è che il mercato stenti a capire il buono che si sta facendo, quello stesso mercato che avrebbe suggerito la sospensione parziale dei meccanismi democratici e i provvedimenti che di volta in volta vengono presi.
Noi riteniamo che ciò che si sta facendo all´interno e in Europa – vuoi per l´inadeguatezza della portata delle decisioni, vuoi per le esitazioni che l´accompagnano – non sia sufficiente a portarci fuori dalla crisi.
 
Finché prevale uno spread delle dimensioni attuali in Italia e altrove, il mercato agisce come se si fosse già rotta l´unità dell´eurosistema. La Bce può impedire il tracollo attivando gli strumenti tradizionali di una banca centrale (come va facendo la Fed): inondare di liquidità l´economia agendo da prestatore di ultima istanza nei confronti degli Stati in difficoltà. Pur tra tanti divieti nazionali e incertezze, la Bce può sempre farlo ed è forse questo il motivo per cui il mercato esita a dare un colpo di grazia all´eurosistema.
Tuttavia non cambia giudizio sui singoli Paesi e sul sistema stesso mantenendo elevati gli spread, ratificati dalle società di rating che assegnano ai paesi sotto attacco un giudizio ai limiti del default.
 
Poiché il costo del nostro debito sovrano, che si riflette su quello del credito all´economia, costa circa tre volte in più di quello praticato in Germania, il nostro sviluppo non potrà registrare inversioni e la disoccupazione aumenterà. I programmi di crescita del Governo e dei Partiti che si accingono alla campagna elettorale, lunga o breve che sia, si scontrano con questa realtà. Per mantenere il pareggio di bilancio pubblico la pressione fiscale deve mantenersi alta e probabilmente salirà, dato che pende sulle nostre teste l´aumento dell´Iva che il Ministro dell´economia non esclude, ma «spera di evitare». Si ritiene infatti che il rapporto debito pubblico/Pil possa essere ridotto solo con una politica di “avanzi primari” di bilancio, perché le altre soluzioni sono considerate impraticabili sul piano politico, anche se su quello tecnico se ne contano ben sette.
 
Basta il combinato effetto di queste due condizioni per escludere che la ripresa sia alle porte, ma non per la speculazione; questa può decidere di attaccare i Paesi deboli, magari non nell´immediato, ma dopo le elezioni americane, per evitare che la crisi dell´euro trascini quella del dollaro in una situazione politica interna agli Stati Uniti precaria che si ritorcerebbe contro la speculazione stessa. Salvo che il diavolo, nelle vesti della Corte costituzionale tedesca, non ci metta, come suol dirsi, la coda.
Poiché il mercato pare conscio di ciò, offre tempo a chi saprà coglierlo per evitare il peggio con un intervento straordinario che noi intravediamo nella rimodulazione delle condizioni del nostro debito pubblico a condizioni vantaggiose per i detentori. Esso nasce dalla fusione delle due proposte da noi avanzate, quella della cessione del patrimonio pubblico per rimborsare il debito e quella del consolidamento, al fine di rimuovere un ostacolo importante alla nostra crescita, mettendo a disposizione del Governo, chiunque esso sia, tempo e risorse per attuare serie proposte di politica economica.
 
In estrema sintesi, noi riteniamo che la scadenza di tutti i titoli pubblici italiani in circolazione si debba uniformare a 7 anni per consentire al Governo di legislatura di beneficiare degli effetti di una politica ben chiara e delineata, dimostrando al mercato nei fatti che essa è efficace per la ripresa e per il risanamento della finanza pubblica. Se si hanno dubbi sull´operazione da noi proposta, significa che li si hanno sugli effetti delle politiche praticate.
Se lo facesse, il Governo si renderebbe indipendente dall´assillo dei rinnovi e dagli alti oneri finanziari derivanti dall´incorporazione dello spread nella struttura del debito e del bilancio. La contropartita da concedere è il pagamento di una cedola pari al costo della vita più un 20% del saggio di crescita reale del Pil (se positivo), nonché la concessione di uno warrant che offra l´opzione al detentore di acquistare o di negoziare un diritto di acquisto su lotti di patrimonio pubblico in corso di cessione o valorizzazione.
 
Ciò consentirebbe di risparmiare intorno ai 40 miliardi di euro di interessi – oltre due punti e mezzo di Pil – da porre al servizio di una seria politica di detassazione, come noi preferiremmo, oppure di stimolo di specifici settori trainanti dell´economia. Dopo una iniziale reazione negativa, il mercato si renderebbe conto che l´operazione favorisce sia la sostenibilità del debito pubblico che la crescita economica, adesso asfissiate dalla morsa fiscale e da un´unione monetaria incapace di rafforzare la sua fragile architettura.
Abbiamo inviato al Governo attuale e ai segretari di Partito la nostra proposta con l´unico obiettivo di offrire un´alternativa all´attuale politica economica basata sullo stillicidio delle tasse e su una crescita inesistente ma promessa, che comporta il continuo annuncio di imprese in difficoltà e di licenziamenti.
 
di Michele Fratianni, Antonio Maria Rinaldi e Paolo Savona
Il Sole24Ore
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