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Mani Pulite, Usa-Di Pietro: la versione di Luttwak

“Il nostro consolato e la nostra ambasciata non appoggiarono né contrastarono mani Pulite”. È netto nel smentire l’ipotesi di una interferenza americana su Tangentopoli rivelata in un’intervista postuma sulla Stampa all’ex ambasciatore Usa Bartholomew Edward Luttwak.
Al Corriere della Sera il politologo statunitense esclude che ci possa essere stato “un grande burattinaio americano in Italia che volle eliminare la Dc o il Psi o chissà chi, come non ci fa una cabina di comando a questo scopo in America”.
 
Nello speciale sul 1992 di Formiche, Luttwak aveva allontanato anche l’idea che ci fosse stato “un golpe” in quegli anni:
“In Italia sono in tanti a fantasticare che nel ´92 ci fu un golpe. A proposito di colpo di Stato, nel 1968 mi è capitato di scrivere un “manuale pratico tascabile” in cui provai a dare questa definizione: « il Colpo di Stato consiste nell´infiltrazione di un settore limitato, ma critico dell´apparato statale e nel suoi impiego allo scopo di sottrarre al Governo il controllo dei rimanenti settori». Questa frase viene spesso utilizzata per teorizzare una sorta di ruolo eversivo da parte dei magistrati milanesi.
Mi sembra una sciocchezza. Sarebbe come fare il Di Pietro con Di Pietro: se si vuole accusare il pool di Mani Pulite di voler rovesciare il sistema dei partiti, bisogna provarlo. E non credo sia possibile. Non penso che la figura di Di Pietro sia assimilabile a quella di un magistrato comunista che da sempre lotta con la democrazia cristiana. Piuttosto mi sembra di più un riflesso dell´azione dell´allora presidente della Repubblica, non a caso definito “picconatore”. Cossiga ebbe forse un ruolo primario nello scardinare la Democrazia Cristiana, ma lo fece piangendo perché si sentiva in dovere di farlo, non certo per odio o altre criptiche ragioni. C´è chi vuole unire con unico filo rosso Cossiga, Di Pietro, gli Americani e chissà chi altri ancora.
Ma per accertare un colpo di Stato occorre certificarne l´intenzionalità e mi pare che in questo caso non sia provabile. Non credo si possa dire che Di Pietro era collegato a Cossiga. È vero invece che c´erano tanti, anche in Italia, che erano disgustati dagli episodi di manifestata e spudorata corruzione”.
 
L’esperto di geopolitica aveva ricordato poi l’incontro con Antonio Di Pietro nel 1992:
“Antonio Di Pietro non era il capo della Procura di Milano ma certamente era molto famoso a quel tempo. Nel 1992 venne a Washington e lo incontrai. Io ero capo del progetto New Italy Project promosso dal CSIF e spesso in quella sede ospitavamo italiani importanti. Questo programma infatti serviva per segnalare alle elites americane di quei tempi che l´Italia non era solo spaghetti e Toscana e che c´era un´Italia tecnologica, un´Italia economica, e così via, e quindi un´Italia moderna. Di Pietro quindi era per noi un buon testimonial, io lo ricevetti, lo salutai e non lo rividi se non diversi anni dopo. Allora, la mia opinione di Di Pietro era che lui fosse una specie di eroe. In quel periodo i fenomeni di corruzione con Craxi e i suoi amici al potere in Italia erano rapidamente evoluti da un´antica, moderata corruzione verso una corruzione latinoamericana, in cui la gente corrotta sfoggiava la corruzione, si vantava della corruzione, sorrideva se non eri corrotto. Francamente, vedevo Di Pietro come una persona che attaccava questa degenerazione.
Non sono un giurista e non avevo allora tutti gli strumenti per capire come stavano davvero le cose: vedevo un´immagine solo parziale della verità. Non vedevo il fatto che per attaccare il diavolo lui aveva tirato giù tutte le barriere della legge che proteggevano non solo questo diavolo, ma che proteggono tutti. Se per abbattere il diavolo alimenti un grande vento che poi sbatte tutti a terra, anche gli innocenti, allora commetti uno sbaglio. Non si può mettere le persone in prigione preventivamente e verificarne il rinvio a giudizio solo successivamente. Questa è una aberrazione della legge. Adesso sono consapevole che anche Di Pietro ha fatto molto per danneggiare la giustizia e questo è innegabile”.
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