La presunta trattativa fra Stato e mafia non è la sola pagina oscura di un periodo storico ancora non lontano. Quello che è avvenuto nel nostro Paese nei primi anni ´90 (anche in conseguenza dei mutati equilibri internazionali, dopo la caduta del muro di Berlino) è avvolto in un velo di mistico mistero. Il passaggio dalla prima alla seconda Repubblica è sempre stato interpretato in modo abbastanza semplicistico.
Ognuno si è occupato di ricostruire (con parzialità pari a superficialità) singoli aspetti specifici di quel cambio di regime. Le orribili stragi mafiose (da Lima a Borsellino passando per Falcone), la firma del trattato di Maastricht e la crisi della lira, lo sgretolamento delle partecipazioni statali e le frettolose privatizzazioni, le inchieste su politica e affari (tangentopoli e caso Enimont), le monetine contro Craxi e i tanti suicidi non sempre chiari nella dinamica (Gardini e Castellari), la fine dei partiti e l’elezione del presidente della Repubblica, sono pezzi di uno stesso puzzle.
Accanto alla controversa verità giudiziaria (dalla Sicilia), sta emergendo una verità giornalistica (dagli Stati Uniti, grazie al bravissimo Molinari). Per la verità storica forse serviranno ancora molti anni (“E’ troppo presto”, disse a Formiche il senatore a vita Giulio Andreotti due anni fa). Per la verità politica non è detto che sia venuto il momento di aprire una riflessione su quello che accadde in Italia nel biennio ´92-´93. Peccato che le dichiarazioni dell’ex ambasciatore Usa e dell’ex console Usa a Milano non abbiano aperto un dibattito fra i protagonisti della politica. Cos’altro aspettarsi del resto da questo avanzo di classe dirigente?