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Caso Sallusti, norme anacronistiche ma occhio al corporativismo

Domani, mercoledì 26 settembre, la Corte di Cassazione si pronuncerà su Alessandro Sallusti. Il caso del direttore del Giornale che rischia la galera per un articolo del 2007 e per giunta non suo sta suscitando reazioni di sdegno per una legge che prevede ancora il carcere per i reati di opinione e solidarietà al giornalista da parte di tutto il mondo politico e giornalistico.
 
La vicenda, denunciata la scorsa settimana da Vittorio Feltri sul Giornale, risale al febbraio di cinque anni fa quando uscirono sul quotidiano Libero un articolo e un commento in cui si parlava indirettamente del giudice tutelare Giuseppe Cocilovo, riguardante una 13enne che il tribunale di Torino aveva autorizzato ad abortire ma che poi era finita in una clinica psichiatrica per le conseguenze del trauma. L’articolo di Libero era firmato da Andrea Monticone mentre il commento era firmato dallo pseudonimo “Dreyfus”, il quale concludeva scrivendo che “se ci fosse la pena di morte e se mai fosse applicabile in una circostanza, questo sarebbe il caso. Per i genitori, il ginecologo, il giudice”.
 
Il giudice tutelare sporse immediatamente querela e siccome il commentatore non era riconoscibile la responsabilità ricadde interamente sull’allora direttore di Libero, Sallusti. In primo grado Sallusti fu condannato a un´ammenda di 5mila euro. Dopo il ricorso in appello, la condanna è diventata di 14 mesi di carcere.
 
Formiche.net ha chiesto un parere a Ruben Razzante, docente di diritto dell´informazione all´Università Cattolica di Milano e alla Lumsa di Roma: “L´anacronismo di norme come quelle del Codice Rocco risalta in modo nitido a proposito del caso Sallusti. Si tratta di norme che puniscono eccessivamente i reati d´opinione e che non tutelano a sufficienza la libertà di manifestazione del pensiero”. Riguardo invece ai tanti messaggi di vicinanza al direttore del Giornale, l’esperto fa notare: “Registro una solidarietà corporativa che rischia ancora una volta di far perdere di vista i doveri e le responsabilità di chi fa informazione. E´ vero, finire in galera per reati d´opinione rappresenta una grave limitazione della libertà d´informazione e di critica ma non credo ci voglia un decreto ´salva-Sallusti’ (come auspicato da Feltri, ndr), forse potrebbe essere utile una grazia del Presidente della Repubblica, in caso di condanna del direttore del Giornale”. Secondo Razzante “si deve piuttosto porre seriamente mano a una riforma delle norme in questione, non già per cancellare, come qualcuno auspica, il reato di omesso controllo del direttore responsabile, ma per riequilibrare diritti e doveri del giornalista in un mondo dell´informazione sempre più internettizzato e fondato sulla multimedialità e sulla globalità”.
 
Non vorrei dunque, che una sacrosanta e unanime presa di posizione in favore di Sallusti, motivata con l´innegabile necessità di denunciare norme vetuste e ingiustamente punitive, finisca per far passare in secondo piano gli obblighi deontologici di un buon giornalista. Mi piacerebbe che analoga levata di scudi e uguale indignazione si registrassero quando qualche giornalista utilizza il tritacarne mediatico per finalità che nulla hanno a che fare con il diritto dei cittadini ad essere informati correttamente, danneggiando gravemente i diritti della personalità dei soggetti coinvolti nelle notizie”.
 


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