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Così Hollande è costretto a essere merkeliano

La Francia si vanta tanto della sua solidità ma non è messa meglio degli altri paesi europei nel mare magnum della crisi economica. L’Institut national de la statistique et des études économiques (Insee), istituto di statistiche francese, ha confermato che anche per il secondo trimestre di questo anno non c’è stata crescita. Sono nove mesi che il Pil resta fermo dopo che nel 2012 è cresciuto soltanto del 0,2%. Intanto, il debito pubblico ha superato i 43 miliardi di euro per raggiungere il 91% del Pil, secondo i dati del Insee. Il governo aveva assicurato che la Francia non è come il Portogallo e la Spagna ma, come gli altri, gran parte del suo debito nasce dalle spese dello Stato, dall’assistenza sociale e dai costi dell’amministrazione pubblica locale.
 
In questo secondo trimestre di depressione economica, le famiglie hanno registrato un calo dei consumi e, anche se i redditi salariali hanno sofferto un rallentamento, i francesi hanno aumentato il potere d’acquisto individuale solo del 0,2%. C’è stata un’accelerazione delle importazioni ma le esportazioni sono rimaste scarse.
 
Nonostante il quadro statistico poco ottimistico, il presidente socialista François Hollande assicura di riuscire a centrare l’obiettivo promesso ai partner europei di raggiungere lo 0,3% della crescita del Pil e ridurre il deficit pubblico dal 4,5% al 3%. Il ministro dell’Economia francese, Pierre Moscovici, si è proclamato “il ministro della riduzione del debito”. E per riuscire nell’impresa ha promosso una Finanziaria in stile merkeliano approvata oggi. La Finanziaria è di 30 miliardi di euro: 10 miliardi dalla spesa pubblica, senza fare tagli significativi ma rallentando la crescita (più del 0%?); 20 miliardi incrementando la pressione fiscale su famiglie e imprese e prevedendo altri 7 miliardi dall’imposizione di nuove tasse.
 
Le (dure) promesse da mantenere
 
Sul sito di Le Monde sono state pubblicate alcune anticipazioni della bozza della Finanziaria. Tra le misure più significative c’è il compimento di una delle promesse elettorali di Hollande, quella della tassazione del 45% per i redditi superiori a 150 mila euro e del 75% per la parte di reddito superiore al milione di euro, ovvero, una tassa diretta a circa 2000 benestanti che cercano già altre opzione. Per non vedere colpito il suo patrimonio dal fisco francese, Bernard Arnault, il re dei beni di lusso, sta cercando la modalità più giusta per trasferirsi in Belgio, dove la sua fortuna forse sarà più al riparo.
 
Altri tagli riguarderanno il settore delle infrastrutture. La rete ferroviaria per la costa atlantica fino alla Spagna e i 22 miliardi di euro previsti per l’acquisto di nuove armi, approvata dal governo di Nicolas Sarkozy, dovranno attendere. Forse anche gli investimenti che riguardano l’affare Bae/Eads.
 
Nell’amministrazione pubblica ci sarà una riduzione di più di 12 mila impiegati che non sono prioritari per creare altri 10 mila posti di lavoro nell’istruzione, la giustizia e i corpi di polizia. Hollande vuole riuscire progressivamente ad assumere 60 mila professori, come aveva promesso.
 
Si tratta dello “sforzo più importante fatto negli ultimi 30 anni”, secondo le parole del presidente Hollande, e non realizzare gli obiettivi provocherebbe conseguenze devastanti per la credibilità del Paese.
 
Ma crederci, anche se fermamente, non basta per avverare i buoni propositi. Con il quadro di previsioni sui conti francesi, e il contesto economico e finanziario internazionale, è difficile riuscire a ridurre il debito senza un draconiano programma di austerity. Molti analisti hanno proposto una via alternativa: posporre l’obiettivo per il 2014. Il Sole 24 ore ha pubblicato un articolo sulla corrente “anti-rigore” che è nata in Francia. Con addetti di grande spessore nel mondo dell’economia: Patrick Artus (Natixis), Bruno Cavalier (Oddo Securities) e Euler Hermes (Allianz). Questi economisti sono d’accordo nello slittamento di un anno della riduzione del deficit per evitare l’aggravamento della recessione.
 
Nel suo blog Phastidio.net, l’economista Mario Seminerio commenta la manovra finanziaria di Hollande e appunta che c’è anche un giochetto per specialisti. “Il governo francese infatti fa cassa anche col fiscal drag, avendo deciso per il 2013 di non indicizzare all’inflazione gli scaglioni d’imposta. In tal modo, l’aumento nominale dei redditi finirà con l’essere tassato di più, data la struttura progressiva delle aliquote”, spiega Seminerio.
 
Nel post sostiene che la linea non risponde ad un’economia ideologicamente di sinistra ma al tentativo di contenere l’impatto negativo sulla crescita in un modello con i consumi famigliari come pilastro dell’economia. “Da qui, la scelta della composizione della manovra, che è molto penalizzante per le grandi imprese. Anche la stessa scelta di accentuare la progressività fiscale e di proteggere o aumentare il potere d’acquisto dei redditi più bassi, poggia sulla considerazione che questi redditi hanno maggiori vincoli di liquidità, e quindi che tendono a spendere tutto o gran parte dell’aumento di reddito disponibile, a differenza dei redditi più elevati”, scrive Semineiro.
 
Per Moscovici “un Paese che si indebita è un Paese che si impoverisce, che fa pagare le generazioni future e che si mette nelle mani dei mercati”. Ma forse, s’inizia a Parigi, è il caso di pensare al presente per non impoverire ancora di più le generazioni d’oggi.
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