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È colpa dell’euro se il Lingotto vende meno nell’Ue

All´interno dell´imprenditoria italiana si è creata una frattura che il Presidente di Confindustria e i sindacati e tutti coloro che amano l´Italia debbono cercare di evitare.
 
La polemica tra Della Valle e Marchionne (e il giovane Presidente della Fiat) è causata dagli effetti prodotti dalla politica monetaria dell´eurozona e non tiene conto di un fatto che è alla base delle scelte della Fiat.
 
Il problema vero è che la Fiat (che per tanti anni ha goduto dell´appoggio incondizionato dei Governi italiani) trova più economico e conveniente lavorare negli usa che in Italia. E gli italiani dovrebbero ricordare che sono della Fiat marche di prestigio nel campo delle auto da Gran Turismo (Ferrari e Maserati).
 
Ecco quello che Confindustria e Sindacati dovrebbero comunicare agli italiani:
1) Dovrebbero ricordare agli italiani che quando siamo entrati nella “moneta euro” questa era quotata solo 85 centesimi di dollaro;
 
2) Dovrebbero spiegare che in atto non sembra credibile che l´euro (che è la moneta di molti Paesi che, tutti insieme, hanno un PIL pari a 80% del Pil degli Usa) sia valutato un 30% in più del dollaro; e dovrebbero anche spiegare perché anche adesso, in piena campagna elettorale, gli Usa stampano miliardi di dollari (più di 800) per neutralizzare i titoli tossici in mano alle banche e per rilanciare l´economia; e stampando nuova moneta, il dollaro si svaluta sempre più;
 
3) Dovrebbero comunicare pure che sembra che la Porsche abbia spostato negli Usa la produzione di alcuni suoi modelli che costano un 30% in meno di quelli costruiti in Germania;
 
4) E dovrebbero comunicare pure che la Fiat ha potuto risanare la Società e l´azienda, acquistando la Chrysler in fallimento, risanandola, ripagando il debito assunto col governo Usa e, attraverso la Chrysler, ha rimesso in ordine i conti sociali; questo è la chiara dimostrazione che lavorare negli USA è più conveniente che lavorare in Italia;
 
5) Allora dovrebbero, Confindustria e Sindacati, avere il coraggio di dire che l´euro è sopravvalutato, che “la politica di rigore imposta dalla Germania e i suoi alleati è la rovina dell´euro”;
 
6) Avrebbero un buon testimone nel Nobel dell´Economia Paul Krugman che dichiara che questa politica equivale alla terza volta che la Germania distrugge l´Europa, per il timore di una inflazione che sarebbe si e no del 30% (mai paragonabile a quella della Repubblica di Weimar degli inizi degli anni 20, quando un chilo di pane costava un milione di marchi);
 
7) Dovrebbero, Confindustria e sindacati, avere il coraggio di denunciare che “Der Spiegel” (il più letto periodico tedesco) aveva già denunciato, a maggio di questo anno (e portando ampia documentazione ufficiale, ma riservata, del Governo tedesco) che l´Italia non aveva le carte in regola per entrare nell´euro (non aveva il debito pubblico in regola) ma Kohl e Mitterrand decisero che se non fosse entrata l´Italia (terza potenza industriale in Europa) non si sarebbe fatto l´euro; era un modo per impedire all’Italia la politica della “svalutazione competitiva” che la rendeva molto forte nelle esportazioni;
 
8) poi Confindustria e sindacati dovrebbero ricordare agli italiani questo scritto di “Der Spiegel” pubblicato in piena estate di questo anno: “Con un’uscita dall’Euro e un taglio netto dei debiti la crisi interna italiana finirebbe di colpo. La nostra invece inizierebbe proprio allora. Una gran parte del settore bancario europeo si troverebbe a collassare immediatamente. Il debito pubblico tedesco aumenterebbe massicciamente perché si dovrebbe ricapitalizzare il settore bancario e investire ancora centinaia di miliardi per le perdite dovute al sistema dei pagamenti target 2 intraeuropei. E chi crede che non vi saranno allora dei rifiuti tra i paesi europei, non s’immagina neanche cosa possa accadere durante una crisi economica così profonda. Un’uscita dall’euro da parte dell’Italia danneggerebbe probabilmente molto più noi che non l’Italia stessa e questo indebolisce indubbiamente la posizione della Germania nelle trattative. Non riesco ad immaginarmi che in Germania a parte alcuni professori di economia, statali e in pensione, qualcuno possa avere un Interesse a un crollo dell’euro”.
 
9) Poi Confindustria e Sindacati dovrebbero anche ricordare agli italiani che un altissimo funzionario governativo italiano ha scritto: “Intanto gioverebbe ricordare che siamo entrati nell´euro per mano dei tedeschi, anche se non avevamo le carte in regola, dopo avere accettato un progetto di deindustrializzazione che ha reso poveri noi e ricchi loro. E ora non usciamo dall´euro per non distruggere Berlino”.
 
A questo punto si potrebbe affermare: “che ci siano abbastanza motivi per credere che tra il crollo dell´euro e una sua media svalutazione, sia preferibile la seconda ipotesi”. Ma se non si volesse svalutare l´euro, “allora l´Italia decida di uscire dalla prigione di una valuta che non possiamo governare”.
 
 
Carlo Violati
Nato a Roma nel 1931; figlio del defunto Cavaliere del Lavoro Francesco Violati; è stato Presidente Unione industriali Terni e successivamente di Caserta. Presidente Federterme per 8 anni; nominato da Guido Carli Consigliere incaricato per i Problemi del Mezzogiorno della Confindustria. Per 30 anni Consigliere Delegato del Gruppo Sangemini, Ferrarelle, Boario, Santagata, Nepi.


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