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Investimenti verdi, a che punto siamo?

In tempi di vacche magre, i numeri che provengono dall’economia verde sono più che consolanti. Dal 2004 al 2011 gli investimenti sono cresciuti del 300%, raggiungendo i 260 miliardi di dollari. Secondo una stima di General Electric, i mercati ecoefficienti valgono oggi 1,5 trilioni di dollari. Nel settore dei venture capitalist Usa, colpito più di altri dalla crisi finanziaria, quasi il 25% degli investimenti è ormai per imprese e progetti ecologici. Sono alcuni dei dati emersi oggi dalla giornata di studio sul finanziamento dell’economia verde tenuta all’Ambasciata britannica a Roma.
 
L’idea ormai, secondo Anna Lambiase di Vedogreen (portale di settore), è che la sostenibilità sia una modalità trasversale, non un modello di business legato ad alcuni settori. Per Stefano Pogutz dell’Università Bocconi, si tratta di una vera e propria “transizione di mercato” tanto dal lato offerta quanto dal lato domanda. È una di quelle fasi in cui chi saprà cogliere questa sfida potrà modificare con profitto il proprio business model.
 
Per Claire McNeil dell’Institute for public policy research britannico, il grande tema di fronte all’avanzata degli emergenti nei segmenti di alta fascia (tecnologie) sarà un maggiore coordinamento tra politiche finanziarie e politiche industriali da parte europea. La parola d’ordine, dice la McNeil, dovrà essere “pooling investments, sharing risks”: mettere in comune le grandi risorse politiche, al servizio di un quadro regolamentare efficiente e certo per stimolare l’evoluzione low-carbon. In questo campo è stata sottolineata la leadership britannica.
 
Gli esperti italiani hanno rimarcato l’imprescindibilità di un quadro politico chiaro sul medio-lungo periodo. Paolo Rocco Viscontini di Enerpoint (fotovoltaico) ha in particolare invocato un “sesto Conto energia” per dare maggiore certezza alle imprese. Di piano energetico ha anche parlato Stefano Pogutz, sottolineando, per l’Italia, le potenzialità di un ministro che si muove con indipendenza rispetto alle lobbies, e a livello europeo, la necessità di una maggiore infrastrutturazione che renda complementari ed integrati i mercati continentali dell’energia rinnovabile.

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