La foresta politica italiana è da oggi meno pietrificata. La scelta di Casini di spersonalizzare il simbolo dell’Udc è una novità ben più rilevante di quanto si possa immaginare. Non è un intervento di lifting, di estetica. No, qui c’è la sostanza. Il contenuto cioè di una proposta politica che vale in quanto tale, al di là di una leadership che – in quanto tale – non ha necessità di essere ricordata in un marchio elettorale. In Europa e negli Stati Uniti i partiti sono seri e strutturati e anche dove sono presenti uomini forti, questi non hanno il loro nome impresso sulla scheda. Diverso è il caso delle campagne presidenziali (primarie incluse).
Con questa scelta, l’Udc archivia definitivamente il metodo berlusconiano che ha dominato tutto il campo dei partiti negli ultimi diciotto anni. Casini non fa un passo indietro. Forte del suo ruolo di guida in questa fase di transizione, ha scelto di fare un passo al lato. E’ un modo per dire ai tanti soggetti che guardano ad una evoluzione politica del “montismo” ma antepongono l’alibi di una ingombrante personalizzazione.
Nessun problema, ha spiegato Casini. Via il nome dal simbolo, via l’alibi. Ora le premesse per unire maggiormente il campo di quel cattolicesimo liberale che fatica ad identificarsi nella bipolarità Berlusconi-Bersani ci sono tutte. Adesso tocca agli aspiranti new comers fare un passo in avanti.