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Quale voluntas Fiat? Dubbi politici e industriali

In Italia eravamo abituati ai governi che moltiplicavano le poltrone. I tempi sono cambiati e ad essere moltiplicati sono i tavoli. Scherzi a parte, l´istituzione di un nuovo gruppo di lavoro presso il ministero dello sviluppo economico è probabilmente l´unica notizia possibile. I problemi strategici di un´azienda in crisi e la scelta di permanere in un Paese non più ´core´ non potevano essere risolti in un incontro a Palazzo Chigi. Le aspettative erano tante ed anche alimentate da dichiarazioni sia di Marchionne che di esponenti del governo.
 
La questione però sul cosa la Fiat abbia da offrire all´Italia e cosa l´Italia abbia da offrire alla casa automobilistica sembra rimasta sullo sfondo. A meno di clamorose notizie, il manager scelto da Umberto Agnelli e l´ex presidente della Bocconi non affrontato di petto il tema della politica industriale e cioè del perchè converrebbe all´azienda e allo Stato una continuità produttiva nel Belpaese. Come spesso accade e come purtroppo è accaduto negli ultimi dieci anni, il confronto ha fatto perno sulla tutela dei lavoratori e cioè sulla possibilità intervenga con misure e fondi eccezionali. Cassa integrazione in deroga, mobilità, Aspi: queste pare siano state le parole su cui si è concentrata la maggiore e più concreta attenzione. Fabbrica Italia d´altronde era poco meno, o poco più, di una buona intenzione. I contratti di lavoro e l´adesione ritratta a Confindustria sono sembrati solo espedienti pirotecnici per lanciare sì messaggi politici ma tutto sommato marginali rispetto ai temi centrali dell´industria.
 
Il cuore dei problemi è immaginare il mercato auto del domani e arrivare a presidiarlo prima e meglio dei competitor, almeno in alcuni segmenti. Le opportunità, come il progetto Elasys che aveva visto Fiat conquistare un primato nei mezzi con motorizzazione ibrida, ci sono state e sono state mancate. Adesso? Se il tema è quello dell´ammortizzare la perdita di lavoro allora c´è poco da essere allegri. La fine di Fiat in Italia, anche se gestita con politica e sapiente gradualità, è un esito a quel punto inevitabile e che trascina tutto l´indotto, che va dai centri di ricerca delle università alle aziende della componentistica auto che qui in Italia hanno fabbriche importanti. Fabbrica Italia voleva essere uno spot ed una provocazione. Si è rivelato un bluff.
 
La speranza è che il governo riesca a dare sostanza ad una richiesta di prospettiva che evidentemente non può essere basata sulla protezione del reddio da lavoro. Se sarà solo un tavolo o un gruppo, sarà il segno tangibile che Fiat e Palazzo Chigi hanno scelto di abdicare il ruolo che è loro, quello di una seria e radicata politica industriale. Non possiamo permettercelo e speriamo che tutti, a partire da Monti, ne siano consapevoli
 

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