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Spagna, tanti, giovani e disoccupati

La recente storia economica spagnola? Si racconta in tre generazioni. I nonni iniziano a lavorare a 13 anni. I figli godono di quel benessere. I nipoti che hanno tutto senza possedere nulla. Ricchi, istruiti, ma senza avvenire. Passato Franco, tornata la democrazia, Madrid era diventata la quarta potenza economica del continente. Oggi rischia di diventare il quarto caso da sanare. E con una generazione perduta. Due milioni. Non studiano, non lavorano, non si riqualificano. Sono giovani tra i 15 e i 19 anni. Sono spagnoli e disoccupati. Sono il primo problema dell’Ue. Ecco i ninis. Ve li ha presentati l’Ocse.23 percento di ragazzi e ragazze disoccupati. Una cifra che sale al 29 percento per chi ha tra i 25 e i 29 anni. Negli ultimi cinque anni hanno cercato lavoro. Ora non lo fanno più. Il ministro dell’istruzione Monserrat Gomendi presentando lo studio, Panorama formazione 2012, ha sottolineato come questo record negativo del paese non è dovuto alla mancanza di finanziamenti. Negli ultimi decenni Madrid ha speso 8mila euro per ogni studente, in media 2500 in più dei 34 stati Ocse. I risultati però sono nulli. Nella valutazione europea PISA, l’indagine internazionale promossa dall´OCSE allo scopo di valutare con periodicità triennale il livello di istruzione degli adolescenti dei principali paesi industrializzati, il paese iberico è 26mo. Ossia l’ultimo.Invece dietro Turchia, Israele e Messico, la Spagna occupa il quarto posto della poco invidiabile classifica dei nullafacenti. Al contrario è campione nella categoria dei giovani disoccupati, 10,4 percento, con alta istruzione e qualifica professionale. Terza invece, 24,7 percento, dopo Slovacchia e Estonia tra i giovani con minore formazione scolastica. Insomma se non è vento è tempesta.Nel 1996 i disoccupati in età comprese tra 18 e 25 anni erano il 53 percento di quelli attuali. Poi inizia il decennio d’oro. Il boom immobiliare. Edilizia e servizi offrono posti di lavoro, ben pagati, soprattutto a chi non ha specializzazione. Le conseguenze? Il paese ha visto rapidamente crescere i livelli di abbandoni scolastici, con cifre arrivate fino al 30 percento degli studenti. Un trend bloccato dalla crisi. Ma è solo lo scorso anno che la marcia inverte il suo corso. “Solo” 26,5 percento in meno. I primi a venire colpiti dalla scure finanziaria sono i più ignoranti. Persone uscite da ogni forma di aggiornamento, disabituate all’ idea di futuro incerto, sono quelli ora più difficilmente reintegrabili. Ecco il primo battaglione di ninis.Fare in Spagna come fanno a Berlino
L’altro sta al polo opposto. Laureati e diplomati soprattutto in scienze sociali e di comunicazione per le quali si è trovato il termine orwelliano di “ultraqualificati” di cui non c’è nessun bisogno. Nel 2010 i primi erano il 10,4 percento. Oltre il doppio rispetto al 2007, 4,8. Stesso il balzo verso il nulla fatto dai nini “bravi”. 7,2 nel 2007, 17,4 nel 2010.
È questa la “grande imperfezione” del sistema educativo spagnolo di cui ha parlato il ministro Gomedio. Che ora spera in Rajoy. E dove guarda il primo ministro per capire che fare? A Berlino ovvio. I tedeschi hanno creato il sistema duale? Ecco che gli spagnoli lo copiano. Così l’alternanza scuola-lavoro è in fase sperimentale in Spagna.Due grandi aziende automobilistiche, Seat in Catalogna e Volkswagen a Navarra hanno già fatto i primi passi. Certo ci saranno meno soldi. Negli scorsi tre anni il settore dell’istruzione ha visto cancellati 10 miliardi di euro. Quest’anno tocca agli insegnanti. 80mila in meno. Sono gli stessi conservatori a guardare con scetticismo al piano. Figurarsi i ninis.
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