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Barack e Mitt alla stretta finale

Pubblicità, dibattiti, volontariato. A sedici giorni dalle presidenziali Usa, una sola cosa è certa. Nessuno dei due candidati è sicuro di avere dalla sua la maggior parte degli elettori americani. Non sono bastati 750 milioni di dollari di propaganda, tre quarti dei quali ingoiati da promozioni negative. Inutilmente schiere di volontari hanno battuto gli Stati a stelle e strisce, passato ore al telefono, bussato a migliaia di porte. Senza contare le convenzioni e i dibattiti televisivi.
Niente da fare. Le cose sono di nuovo al punto di partenza. Almeno cosi la pensa il Washington Post che ha passato in rassegna le strategie di Mitt Romney, Barack Obama e rispettivi spin doctor. L’opzione più semplice, “convincere gli indecisi e spingere alle urne tutti i disaffezionati dell’ultimo minuto”, spetta apparentemente al campo democratico, che parte dal presupposto di avere un vantaggio strategico sul territorio e in fatto di esperienza.
La sorte di John McCain spaventa i rappresentanti Gop. Un precedente da cui stare alla larga. Meglio guardare “all’agilità mostrata da Bush jr nel 2004 aggiungendovi capacità tecnologiche sconosciute allora”.


 
La situazione degli Stati
Tutta guerriglia psicologica, afferma la testata Usa che punta invece all’essenziale. Stati in bilico e gruppi sociali dove è ancora possibile spostare voti pompando milioni di dollari in pubblicità. Data per acquisita la Carolina del nord ai repubblicani, la suspense si concentra ore sulle prede più ambite: Florida, Ohio e Virginia. Ma il partito dell’elefante strizza l’occhio anche a Minnesota e Michigan. Mentre Paul Ryan a breve visiterà alla Pennsylvania. Non si sa mai.
Tutte sicumere senza fondamento queste per l’entourage Obama, che si sente più sicuro quando conteggia il numero di grandi elettori. Certo, il partito dell’asinello ha le carte in regola per raggiungere il numero fatidico, 270, con cui l’ingresso alla Casa Bianca è scontato. Perciò nei prossimi giorni il presidente uscente batterà a tappeto Iowa, Nevada, Florida e Virginia, dove tra i registrati i democratici sono in vantaggio. Un tour de force che prevede anche l’intermezzo della chiamata a raccolta dall’Air Force One. Dall’aereo dei momenti speciali partirà l’appello per chi ancora non sa cosa fare. Il Nevada è invece uno swing state “ispanico” che i democratici credono di avere già in tasca.
 
Fattore femminile
L’altra sorpresa potrebbe venire dalle donne. Almeno cosi crede Mitt Romney. Il gruppo sociale su cui i democratici puntano a occhi chiusi non è compatto come sembra. I repubblicani hanno prodotto qualche crepa dopo il primo dibattito che ha visto il mormone favorito tra le donne che vogliono vedere la “nazione di nuovo in piedi”. Ma si tratta di speranze che difficilmente diventeranno realtà. Qui il vantaggio di Obama appare incolmabile.
 
Il caso Iowa
Il voto anticipato ha costituito uno dei fattori della vittoria democratica quattro anni fa. Romney è deciso a rovesciare l’handicap fatale a McCain. In Iowa per esempio Obama avrà bisogno di 100mila voti di questo tipo per battere il mormone. Gli strateghi repubblicani ritengono difficile un exploit di questo tipo. Anche in Ohio il voto anticipato potrebbe rivelarsi decisivo.
In realtà Obama ha il vantaggio di non aver dovuto lottare per le primarie; cosa che invece ha occupato a lungo il campo democratico dividendolo tra contendenti prima che Romney si desse da fare per ricompattarlo.
Di una cosa sembrano però sicuri i repubblicani. Il caos del 2008 è stato evitato. Basterà?

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