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Caro Monti, divulghi chi investe in Italia (non solo Barilla)

In questi giorni ha avuto molto risalto sulla stampa il nuovo investimento di Barilla per la realizzazione di uno stabilimento in provincia di Parma. La notizia è sicuramente rilevante sia per l’importanza dell’investimento (40 milioni) sia per la presenza all’inaugurazione del premier Mario Monti.
A prima vista però non mi sembrava una grande notizia scoprire che un’azienda italiana, che ha creato un impero sul made in Italy, avesse deciso, per la sua fabbrica di sughi, di investire vicino a casa.
 
Poi, a farmi riflettere, è stata la stoccata dello stesso Guido Barilla che, a margine dell’inaugurazione, dichiarava “se fossimo in Francia, spenderemmo 30 milioni di euro in meno l´anno” riferendosi al maggior costo dell´energia in Italia.
Mi ha subito colpito lo spirito di sacrificio dell’imprenditore italico che, nonostante sicure traversie burocratiche, alti costi produttivi e una domanda interna in calo anche nei consumi alimentari, ha deciso di rinnovare il suo impegno per lo sviluppo industriale del proprio Paese.
 
Solo allora ho colto l’importanza della notizia e mi sono posto una domanda:
Se a un investitore italiano sono riservati gli onori della cronaca, che rilevanza sarà mai data agli investitori esteri che, con ancor maggior spirito d’iniziativa e coraggio, hanno deciso di puntare sul nostro paese?
Ebbene, assai poca a mio parere.
Altri paesi, come Regno Unito e Francia, che forse meglio di noi hanno capito l’importanza della “fiducia” come fattore positivo per la crescita economica, si fanno un gran vanto degli investimenti esteri che arrivano ogni anno nei loro paesi.
In Francia il ministro dell’Economia presenta annualmente i dati relativi ai nuovi investimenti nel paese dando nomi e illustrando progetti. Parimenti gli inglesi presentano un rapporto annuale sull’andamento degli investimenti stranieri nel Regno Unito.
 
In Italia tutto è diverso.
Salvo qualche iniziativa locale (degno di nota l’Osservatorio investimenti diretti esteri della Camera di Commercio di Milano) in tal campo pare che il governo non abbia niente da dire se non qualche sporadico commento alle, ormai impietose, classifiche internazionali (World Investment Report 2012 dell’Unctad e European Investment Monitor di Ernst & Young in primis).
Possibile che Roma non riesca a capire l’interesse strategico che vi sarebbe nel comunicare in maniera forte, istituzionalizzata e positiva gli investimenti esteri in corso in Italia?
Il grande pubblico (dal neolaureato che cerca lavoro fino all’imprenditore italiano o estero) rimane sempre affascinato, e a volte anche ispirato, dalle grandi storie di successo.
 
Se il caso Barilla può aiutare a rafforzare e promuovere l’immagine di un importante distretto dell’economia nostrana (food valley emiliana), altrettanto non potrebbe fare un investimento che arriva dall’estero?
Gli osservatori internazionali non sarebbero forse più sensibili e attenti alle scelte strategiche di chi ha deciso di credere nel nostro paese pur non essendo italiano.
Sarebbe ora che il governo cercasse di migliorare l’immagine dell’economia italiana, sia in patria che all’estero. Valorizzare di più chi crede ancora in questo paese sarebbe forse un modo intelligente di farlo.
 
Leonardo Zannier lavora dal 2007 per l´Agenzia francese per gli investimenti internazionali. Le opinioni espresse sono puramente personali e non rispecchiano le posizioni dell´Istituzione di appartenenza


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