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Caro Monti, la lotta al contante s’infrange nelle tabaccherie

Fra i molti fronti che vedono impegnato il presidente del Consiglio, Mario Monti, c´è anche quello della lotta all´evasione fiscale: una piaga storica del Paese che va assolutamente risanata per rendere politicamente e socialmente accettabili i sacrifici che abbiamo già fatto (e gli altri che ancora dovremo fare) per rimetterci sulla buona strada.
 
Uno dei vari strumenti utilizzati per raggiungere l´obiettivo è la limitazione all´uso del contante. La misura ha suscitato le proteste di alcuni che l´hanno vissuta come una riduzione della propria libertà individuale; altri invece, come per esempio la giornalista Milena Gabanelli di Report, hanno suggerito che andrebbe addirittura inasprita, resa ancora più severa, perché possa essere più efficace.
La cosa certa è che il nero vive in simbiosi con il contante: senza il secondo, che rende impossibile la tracciabilità dei pagamenti e della circolazione del denaro, il primo smette di esistere, come un vampiro cui si tolga il sangue. Dunque è un passo giusto quello fatto da Monti e dal suo governo e prima o poi darà dei risultati.
 
Bisogna però dargli concretezza nella fase attuativa. Per esempio: se un automobilista sceglie di pagare il bollo auto nel circuito delle tabaccherie autorizzate dallo Stato a incassare quel tributo, si vede rifiutare bancomat o carte di credito. Il tabaccaio pretende solo contanti perché altrimenti, dice, dive rimetterci lui i soldi della commissione.
Certamente esistono problemi legati ai costi che il sistema bancario fa pagare per le transazioni elettroniche. Ma forse il governo avrebbe dovuto affrontare questi problemi nel momento stesso in cui lanciava la lotta al contante. Lo Stato non può limitare l´uso di uno strumento di pagamento (il contante appunto) e allo stesso tempo imporlo nei rapporti con un suo esattore, qual è in questo caso la tabaccheria citata nell´esempio.
 

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