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Cosa cambia per Finmeccanica dopo la fine del progetto europeo

I motivi del fallimento del progetto Be-Eads. Le resistenze della Germania. Le prospettive americane. La spesa militare che cala. Il futuro di Finmeccanica. Sono i temi che Andrea Gilli, research fellow dell´´Istituto Niccolò Machiavelli, affronta in una conversazione con Formiche.net.
 
Secondo Gilli, autore tra l’altro di un paper  dell´Istituto Niccolò Machiavelli, alla base del collasso del progetto “ci sono due ordini di ragioni, politiche e industriali”. A livello industriale, “un matrimonio tra due soggetti complementari, con livelli dimensionali simili, può non essere facile, paradossalmente. Nessuno dei due ha enormi margini di manovra, rispetto all´altro. Mentre entrambi si aspettano forti aperture da parte del partner. Ecco come una trattativa si può arenare”.
 
La politica ha fatto il resto: “Da una parte, Londra non voleva una forte presenza dei governi francese e tedesco nell´azionariato. Dall´altra, Berlino e Parigi temevano le ripercussioni occupazionali e tecnologiche della fusione”. Si era trovata la quadratura del cerchio, ma questa poi non soddisfaceva Berlino che ha così deciso di far saltare il tavolo: “Alla fine, la Germania è il più forte Paese europeo in questo momento: perché accettare una fusione oggi quando nel giro di qualche anno potrebbe ottenere accordi molto più vantaggiosi?”
 
Le prospettive americane
 
Ma Gilli guarda anche al di là dell’Oceano, dopo che molti analisti hanno dichiarato che l’influenza degli Stati Uniti su Bae sia stato un elemento importante del fallimento della fusione. “Al momento, almeno guardando la stampa specialistica americana, mi pare che gli Stati Uniti siano stati abbastanza disinteressati. Lasciamo da parte le elezioni, ci sono altre due ragioni. Da una parte, tradizionalmente, i democratici hanno sempre guardato di buon occhio un rafforzamento dell´Europa. E Obama non solo non fa eccezione ma addirittura ha fortemente spinto in questa direzione”. Dall´altra parte, in America c´è consapevolezza dello stato disastroso della difesa europea: “Un anno fa, la guerra in Libia dimostrava che 27 Paesi, tra cui alcuni dei più ricchi al mondo, non erano in grado di condurre da soli un´operazione relativamente semplice come quella contro Gheddafi. Gli Stati Uniti sono oramai giunti alla conclusione che qualsiasi mossa che contrasti, anche solo minimamente, queste tendenze, è da accettare positivamente. E´ però certo che la fusione tra le due aziende avrebbe potuto portare dei malumori a Washington, soprattutto perché, in fin dei conti, questa avrebbe rappresentato l´apertura del mercato militare americano a Francia e Germania – finora fa esso sapientemente escluse”.
 
Le alleanze possibili per Finmeccanica
 
Di fronte al crollo delle speranze di costruire un colosso europeo della Difesa, dovranno essere comunque riviste anche le strategie del gruppo italiano Finmeccanica. Messa all’angolo all’annuncio delle trattative di fusione tra Bae e Eads, a piazza Monte Grappa – ha scritto oggi il quotidiano MF/Milano Finanza – si punta a unire le forza con Thales, un’opzione strategica suggerita dal mercato già prima dell’annuncio delle nozze tra Eads e Bae.
 
Secondo Gilli, “il punto di partenza riguarda la spesa militare. Se si spende poco, è necessario consolidare. Se si spende troppo poco, i propri campioni nazionali muoiono. Ciò riguarda tanto l´Europa che l´Italia. Se il nostro Paese continuerà a ridurre la spesa militare, è ovvio che il futuro di Finmeccanica non sarà facile. Si possono provare alleanze internazionali, ma non è facile: i nostri potenziali partner condividono il nostro stesso obiettivo, rafforzare le loro aziende. Dunque i guadagni non possono che essere limitati. Con i tagli al bilancio americano, la crisi dell´Europa, e la crisi fiscale italiana, penso che Finmeccanica cercherà delle partnership e delle espansioni mirate, volte ad aumentare il giro d´affari, diversificare il rischio geografico ma, allo stesso tempo, preservare il controllo dell´azienda. Dove? Dove ci sono i soldi: quindi Stati Uniti e nei mercati emergenti. Se però la crisi fiscale italiana dovesse peggiorare – conclude Gilli – la strategia di Finmeccanica potrebbe cambiare radicalmente”.
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