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Cosa rischia Finmeccanica con Bae/Eads

Ai più è sembrato impossibile che Inghilterra e Francia (e Germania) potessero digerire una fusione fra Eads e Bae System, due colossi dell’industria aereo-spaziale e della difesa. Eppure non solo gli ostacoli vengono via via rimossi e i due governi stanno per approvare una trattativa che probabilmente è molto più avanzata di quello che oggi appare, ma siamo di fronte a un evoluzione d’uno scenario che da anni vede i due Paesi colloquiare per trovare intese e sinergie in questo settore.
 
David Cameron e Nicolas Sarkozy hanno cercato un rapporto di collaborazione in questo campo già tre anni fa e l’Italia, su spinta delle sue aziende del comparto, aveva cercato con il ministro degli Esteri, Franco Frattini, una debole risposta. Si era cercato di convincere gli inglesi che il nostro Paese non poteva essere dimenticato, forte di una presenza significativa nel Regno Unito grazie a Finmeccanica che è la seconda azienda sul territorio inglese con oltre 12.000 addetti nell’elicotteristica (Westland) nell’elettronica (Selex com, Selex Galileo; Selex SI) e una partecipazione ai maggiori programmi di difesa europei (ad esempio l’Eurofighter) mentre i francesi nell’aeronautica mantengono posizioni autonome sia nell’ala fissa (ad esempio il Mirage) che rotante (Eurocopter).
 
In realtà il processo è proseguito e la notizia del probabile merger ne è una logica conseguenza.
 
Cosa potrà cambiare dopo la fusione? Siamo di fronte a un mercato che premia la dimensione e la capacità di integrazione. Finmeccanica negli anni passati aveva conquistato una buona fetta di mercato a scapito dei competitor (il mercato era ed è piatto se non decrescente) grazie a un processo di integrazione dei suoi marchi e di acquisizioni di asset .
 
Fare i conti con il nuovo colosso sarà quindi molto impegnativo, in particolare tenendo conto che la più grande industria italiana sembra abbia imboccato, dopo i cambi al vertice, una strada di ridimensionamento che riporta direttamente sui mercati le singole aziende. Tutto induce a pensare a uno scenario pessimistico soprattutto se il nostro Paese assisterà passivo agli eventi. A meno che non si individui una strada diversa.
 
Stiamo parlando di un settore dove la dimensione e la strategicità delle aziende coinvolge direttamente le politiche degli Stati ed anche in questo caso è quanto mai necessario un orientamento e un azione politica. La fusione Eads-Bae cambia completamente lo scenario di mercato europeo e mondiale. Non siamo solo noi a preoccuparci ma anche il più grande competitor: gli Stati Uniti guardano al merger con molte perplessità. E negli Stati Uniti Finmeccanica è presente con la controllata Drs e mantiene rapporti di collaborazione con molte grandi aziende, prima fra tutte Boeing.
 
Un asse di collaborazione con gli Stati Uniti basato su accordi nel campo dell’elettronica, di partnership sulle piattaforme (in particolare il trainer), nel settore dei trasporti, dove sono previsti grandi investimenti americani nei prossimi anni, potrebbe essere una risposta molto interessante ma che esige un consenso politico supportato da un’azione di politica estera convinta.
 
Non sfuggirà infatti che questa fusione cambia sostanzialmente gli scenari (vedi Giulio Sapelli su Formiche.net il 21 settembre e sull’Unità del 1 ottobre) e isola in Europa e sui mercati il nostro Paese, a meno che non accetti una posizione del tutto subalterna.
 
Contrapporsi a ciò significa affrontare un confronto politico anche in Europa basato sulla volontà di valorizzare il nostro patrimonio industriale.
 
L’azione del governo deve orientare inoltre anche gli sviluppi della strategia industriale di Finmeccanica di cui esso stesso è azionista di riferimento.
 
La possibile disgregazione del gruppo, la vendita dei cosiddetti asset civili, le ristrutturazioni in atto non possono essere esenti da un giudizio di merito che non significa entrare nella gestione dell’azienda ma esprimere un orientamento sostanziale che è doveroso per l’azionista stesso.
 
Ecco perché la possibile fusione fra Eads e Bae può rappresentare alla fine un’opportunità: industriale per riprendere un percorso di crescita internazionale della nostra azienda leader, e politica poiché ci costringe a ragionare di politica estera, un settore a dire il vero molto trascurato dai media ma anche dagli stessi protagonisti della scena politica italiana.

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