Anche in tempi di guerra è possibile continuare a fare il proprio dovere. Per un giornale questo vuol dire capire la società in cui opera. Esattamente questo è e continuerà ad essere il Washington Post. Lo prova l’inchiesta uscita in questi giorni su quella che la testata della capitale Usa chiama la “guerra permanente”. Ossia la strategia di Washington dopo la fine di Bin Laden e le trasformazioni che questa comporta in quella galassia di votati alla morte che è al Qaeda.
Il giornale ripercorre i tentativi fatti dagli Usa di adeguare la propria potenza militare alle dimensioni di un nemico che è sempre più difficile definire in termini di guerra classica e nelle forme e i modi dati dall’anarchia internazionale contemporanea. Il lavoro del quotidiano si basa su interviste a decine di funzionari operanti nelle strutture della sicurezza nazionale e analisti di intelligence.
Esamina la pratica degli omicidi mirati nelle varie forme che questi hanno preso con la presidenza Obama. L’attacco alla centrale del terrorismo seguito agli attentati alle Torri gemelle dell’11 settembre e lo smantellamento dell’Afghanistan come luogo punto di riferimento di Al Qaeda ha prodotto il risultato di polverizzare l’esercito sanguinario creato dall’ex capo dei mujaheddin antisovietici.
La carovana del terrore sciolta da ogni rapporto gerarchico e disciplinare nei confronti della casa madre si è trasformata in un convoglio di macellai dove ogni carro è libero di abbandonare il corteo quando vuole e agire come meglio crede.
Le contromosse a questo stato di cose sono state impostate dall’amministrazione Obama che, pressata dalla volontà di smarcarsi dalla “crociata” di bushiana memoria, ha cercato di togliere la dimensione di massa alla battaglia contro Al Qaeda.
Soprattutto dopo il “Terror Tuesday” dell’eliminazione di Bin Laden era indispensabile la caccia ai singoli terroristi. Il Washington Post descrive passo dopo passo il divenire di questa strategia. Dalle “disposition matrix” dove i nomi dei sospetti terroristi vengono classificati e aggiornati ogni volta che le operazioni si concludono con successo; alle mappe che i droni devono seguire per raggiungere i nemici Usa ovunque essi si trovino; per finire con le operazioni portate avanti dagli aerei senza piloti passate nel solo Pakistan dalle 36 del 2008 alle 122 del 2010.
Il mondo sarà spettatore di un decennio di omicidi mirati? Sembra proprio di sì visto quanto dichiarato al Washington Post dai vari esperti della materia. Al Qaeda ha smesso di essere un bubbone per diventare metastasi di cui non si vede la fine. Un viaggio sotto la crosta luminosa della civiltà umana. Questo lo spaccato che il Washington Post fa intuire. Un universo equivoco fatto di provocatori, spie, kamikaze. Che da sempre sancisce la realtà nei rapporti tra Stati. Impregnati di violenza, accecati dalla sete di potere, votati alla sopraffazione.
Per combattere, ma anche gestire questo mondo, Barack Obama ha scelto un irlandese descritto, da qualcuno alla Casa Bianca, come la presenza ascetica nella stanza dei bottoni della prima potenza planetaria. John O. Brennan, è l’uomo che ha trasformato la caccia all’uomo tra le caverne afgane in una strategia high-tech globale per cancellare l’attuale nemico Usa. Voluto fortemente da Obama, Brennan è il mistico dell’intelligence Usa. L’anno prossimo non sarà confermato. Come farà la guerra permanente senza il suo predicatore?