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Ecco come Romney ha annichilito Obama

Per noi in Italia erano le 2:45 del mattino. Quando Barack Obama e Mitt Romney si sono sfidati per la prima volta sulla politica interna del Paese, all’Università del Colorado di Denver, tutti i riflettori erano puntati sulla performance oratoria di Romney, lo sfidante. Ma il problema, a sorpresa, fin dall’inizio è stato Obama. Il presidente è apparso un “in difesa e senza passione”, come ha scritto l’Huffington Post, e comunque leggermente condiscendente. Una qualità che gli americani, specie l’America profonda della classe media e il Midwest diffidente verso i galloni della superiorità culturale, non apprezza particolarmente. Come Al Gore (dibattito del 2000 con G.W.Bush) ben sa…
 
Per Politico, Obama è sembrato “teso e professorale”, “a volte tetro”, incapace di guardare direttamente in camera, puntiglioso nella difesa del proprio operato.
Per Business Insiders, Romney ha “annichilito” Obama. Il sondaggio istantaneo su Twitter ha confermato che gli stessi commentatori di parte liberal sono quantomeno perplessi dall’atteggiamento poco combattivo dell’inquilino della Casa Bianca. Il più divertente è stato Chris Matthews, anchorman della filodemocratica Msnbc, che ha esortato Obama “a guardare più televisione”, evidentemente sorpreso dall’incomprensione delle dinamiche televisive mostrate dal candidato democratico.
 
E Romney? Riguardando il film del dibattito è emerso non tanto e non solo un buon oratore, ma anche un ottimo dialettico, disteso, capace anche di fare battute. Per gli stessi repubblicani, preoccupati in queste ultime settimane da qualche gaffe di troppo, è stata una sorpresa. Per Rudolph Giuliani, l’ex sindaco di New York, il confronto è stato tanto impari da ricordargli quello tra Kennedy e Nixon del 1960. Con Romney nei panni del suadente democratico in grado di indicare la nuova frontiera? Potrebbe apparire una bestemmia, specie agli occhi dei commentatori più recalcitranti ad ammettere che la Nuova frontiera da loro identificata unilateralmente nel mito kennediano è declinata sia come internazionalismo “lib-dem” che come conservatorismo etico e sociale, provenendo dalla stessa matrice specificamente nazionale.
 
Il guru della comunicazione obamiana, David Axelrod, è stato il più difensivo di tutti, ed è qui che appare la debolezza preoccupante della strategia di riconferma. La condiscendenza verso Romney che avrebbe fatto “operazione di marketing”, mentre il “prodotto” migliore è sempre quello di produzione democratica lascia perplessi, perché non rendere giustizia e sottovalutare l’avversario è il modo migliore per condannarsi a sconfitta. C’è tempo, ovviamente, per recuperare il terreno perduto ieri sera. E soltanto i primi seri sondaggi diranno quanti voti sono stati spostati effettivamente. Resta l’impressione di uno sfidante che è stato capace di riposizionarsi su un terreno centrista, di empatia con la classe media colpita dalla crisi, e comunque in grado di offrire novità. “Yes, we can help” è stata la sua risposta a chi cerca un lavoro stabile e sicuro. Una quasi-citazione di Obama 2008, cui ha aggiunto la proposta di un “new path”, un nuovo percorso.
 
Non è solo sofistica, con buona pace di Axelrod: una liberalizzazione commerciale in America Latina, sulla scia di un’idea-forza della geopolitica dei Bush (Bush senior lanciò il Nafta, Bush jr l’accordo strategico con il Brasile) rappresenta una novità in grado di coalizzare giganteschi interessi, specie tra i gruppi economici del Sud e della Sun Belt. È una proposta, ribadita da Romney durante il confronto Tv, cui sta lavorando Carlos Gutierrez, ex segretario al commercio di Bush jr e stratega della campagna repubblicana.
È l’indicazione di nuovi percorsi che gli americani indecisi chiederanno al loro attuale presidente nei prossimi dibattiti.
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