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Hollande investito dalla furia degli imprenditori

Il fuoco alle polveri è partito dagli imprenditori. Domenica sul Journal du Dimanche circa 100 businessemen e manager di livello si sono rivolti al governo.
L’appello non arriva dal Medef, la Confindustria francese, ma dalla Association francaises des entreprises privées, una sorta di lega dell’industria transalpina. Vista l’architettura costituzionale della Francia la chiamata in ballo riguarda Francois Hollande e non arriva precisamente nel momento migliore per il successore di Nicolas Sarkozy.
 
Stile, immagine e consenso sociale del capo dello Stato sono in picchiata. Dopo l’elezione vittoriosa, l’Eliseo non riesce a entrare in sintonia col Paese. Ora sono i capitani d’industria a far capire che la pazienza è al limite. Alla politica si chiede il calo di oneri previdenziali e spese sociali per 30 miliardi di euro in due anni.
Nel mirino ci sono gli stipendi medi. Vanno sgravati soprattutto quelli pari al doppio del salario minimo garantito. Sforzi da finanziare con aumenti Iva di circa un punto e mezzo, discesa degli oneri previdenziali e minori spese statali. In cambio le imprese promettono sforzi su occupazione e formazione giovanile.
 
Altro punto importante del tentativo di accordo tra esecutivo socialista e alta industria la diminuzione del carico fiscale pagato dalle aziende. Sfruttamento del gas shale, passi avanti nella transizione energetica riguardo emissioni Co2 ed esposizione francese all’elettricità di origine nucleare dovrebbero intaccare i costi energetici sopportati dalle aziende.
Un appello ma allo stesso tempo una presa in contropiede dell’esecutivo che ha già problemi con le pmi di Parigi. Tre giorni prima infatti Hollande aveva cercato di mettersi alla testa dei bisogni imprenditoriali dell’Esagono indicando lui la tabella di marcia in grado di rimettere in moto il motore imballato della nazione.
Niente choc sociali piuttosto un patto aveva sottolineato Hollande. Il presidente sembra aver capito che spetta a lui assumere decisioni impopolari. Basta scioperi e rivoluzioni. La scommessa di Hollande sta nello sviluppo di una “cultura del negoziato” in grado di coinvolgere anche il suo partito.
 
La mossa imprenditoriale mette in luce la crescente tensione tra esecutivo di Parigi e datori di lavoro. Disoccupazione al dieci per cento, pil stagnante e una direzione politica sentita come passiva e incapace di decidere. Il vero mistero della politica interna francese è proprio la personalità del leader socialista. Attese eccessive oppure è di moda un Hollande bashing? Oppure ha ragione Laurent Binet? L’analista politica che ha seguito per oltre un anno la scalata del socialista ai vertici della Francia, ritiene Hollande una “macchina politica” ancora sconosciuta ai francesi.
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