Skip to main content

I veri obiettivi del Qatar sulla Siria

L’emiro del Qatar, Hamad Ben Jassem Al-Thani, parlando della Siria durante un’intervista ad al-Jazeera, ha sottolineato l’importanza di un intervento che miri a placare lo “sterminio in atto nel paese con la complicità della comunità internazionale”.
Lo scenario siriano sembra essere ogni giorno più complesso. Gli interessi in gioco sono delicati e a un’evoluzione incerta si contrappone il mantenimento di uno status quo che si fa ogni giorno più grave e pericoloso.
Il Qatar punta sulla necessità di intervenire per proteggere la popolazione dalle violenze, ma dietro queste dinamiche si cela una prevedibile riorganizzazione degli equilibri di potenza nel Medio Oriente, di cui il piccolo e ricco emirato si vuole fare promotore.
La ricerca di un primato del Qatar si sviluppa su due principali fronti: da una parte cerca di emergere rispetto alla consolidata supremazia dell’Arabia Saudita nell’ambito del Consiglio di Cooperazione del Golfo (Ccg); dall’altra cerca di contrastare l’imposizione di un equilibrio sciita fondato sulla collaborazione tra la
Siria di Assad, l’Iran e il Libano.
Le rivoluzioni del mondo arabo hanno evidenziato la nascita di un movimento conservatore e democratico dell’Islam di cui il Qatar si fa promotore, a discapito di un’Arabia Saudita in passato più incline a contrastare ogni genere di rivolta che potesse minacciare il potere delle monarchie del golfo. L’appoggio del Qatar ai movimenti islamici moderati, ora al governo in Egitto (Fratelli Musulmani) e Tunisia (Ennahda), sono un chiaro esempio della strategia messa in atto.
Durante il suo discorso all’assemblea generale dell’Onu Al-Thani, criticando l’inazione del Consiglio di sicurezza, bloccato dal veto di Russia e Cina, aveva invitato i Paesi arabi a intervenire per bloccare lo spargimento di sangue in Siria. Per il momento i Paesi arabi non sembrano pronti ad un intervento militare, ma non è da sottovalutare l’appoggio che l’Egitto è disposto a dare alla proposta del Qatar, con un coinvolgimento diretto della Turchia, come affermato da un consigliere del Presidente egiziano Morsy, Saif Abdel Fattah il 29 settembre.
Il presidente iraniano, Mahmoud Ahmadinejad, si è dimostrato contrario a qualsiasi ingerenza straniera in Siria delineando, in caso contrario, l’insorgere di una nuova guerra e uno scenario decennale di caos e instabilità nella regione.
Il leader del Qatar ha ribadito che un intervento arabo non determinerebbe un inasprimento della crisi, “le forze militari non andrebbero in Siria per combattere. Il loro obiettivo sarebbe quello di fermare ciò che sta accadendo ora”.
In passato gli interventi non hanno avuto successo a causa di uno scarso equipaggiamento ma, continua al Thani, “ci dovrà pur essere un numero sufficiente di forze di peacekeeping capace di far cessare le lotte interne in Siria”.
Nel frattempo al Thani invita il mediatore internazionale dell’Onu e della Lega Araba per la Siria, Lakhdar Brahimi, a “elaborare una soluzione davanti al Consiglio di sicurezza”.
Hassan Hachimi, un membro del Consiglio Nazionale Siriano in esilio in Turchia, ha affermato che la Siria “sta perdendo ogni giorno dalle 150 alle 200 persone. Naturalmente nessuna iniziativa sarà facile da attuare e ogni proposta avrà bisogno di molti sforzi per funzionare. Gli arabi sono i primi dai quali ci si aspetta un aiuto per il popolo siriano”.

×

Iscriviti alla newsletter