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Io e Italia Futura. Parla il prof. Ippolito

L’entusiasmo è quello di ogni inizio, di chi per la prima volta si affaccia in un orizzonte politico ed è determinato a renderlo migliore. Benedetto Ippolito, docente di Storia della Filosofia all’Università di Roma Tre, fa parte della squadra appena nominata da Italia Futura, il pensatoio fondato da Luca Cordero di Montezemolo. Ventuno uomini e tre donne provenienti dalla società civile e all’esordio in politica, tra cui i più noti sono il magistrato Stefano Dambruoso, il generale Vincenzo Camporini, l’economista Irene Tinagli, che sono stati scelti come responsabili tematici di quello che nacque come un advocacy e che ormai è un vero movimento politico. Al vertice ci sono il direttore Andrea Romano, il coordinatore politico Carlo Calenda, il coordinatore nazionale Federico Vecchioni e quello organizzativo Simone Perillo.
 
Ippolito, che si occuperà di cooperazione e interculturalità, ha accettato di parlare della sua nuova esperienza con Formiche.net. Professore, perché ha aderito?
“La mia decisione risponde a esigenze diverse e complementari. La prima è di carattere personale perché ho sentito il desiderio in prima persona di assumere un impegno politico in un momento difficile per il Paese. Avendo, infatti, l’età di cui è reclamata la presenza, mi è sembrato giusto farlo. Inoltre, sebbene non abbia mai partecipato attivamente alla politica, tuttavia per le vicende familiari (il padre Felice, noto geologo e ingegnere è ritenuto il padre del nucleare italiano e fautore della nazionalizzazione elettrica) e per gli studi che ho fatto ne sono stato sempre appassionato. La seconda motivazione è di carattere generale: penso che ora vi sia lo spazio in politica per chi appartiene alla società civile, per chi condivide un progetto nuovo e valido come quello di Italia Futura. Come dice il Vangelo, bisogna ´mettere il vino nuovo in otri nuovi’”.
 
Chi l’ha convinta?
“Tutto è avvenuto in modo molto trasparente. Avendo io un minimo di visibilità pubblica che deriva dalla mia attività accademica e di editorialista, sono stato contattato dal direttivo dell’associazione, ho conosciuto le persone che ne fanno parte e il loro programma. L’attendibilità delle proposte va insieme al valore di chi le porta avanti. Questo mi ha convinto e ho deciso di accettare”.
 
Qual è la novità di Montezemolo?
“Montezemolo ha il merito di aver introdotto un nuovo principio: il protagonismo senza personalismo. Può apparire anomalo di questi tempi ma è qualcosa di inedito e importante. Risponde all’idea di politica come servizio del bene comune”.
 
Le elezioni si avvicinano. Avete già pensato alle alleanze? Magari con i vostri “vicini di casa” moderati come il movimento Fermare il declino?
“Le scelte ultime, quelle che presuppongono alleanze e modalità di presentazione alle urne, è difficile che in Italia qualcuno le sappia. Ci sono ancora troppe incognite in campo, a partire dalla legge elettorale. Perciò, soprattutto per Italia Futura, questa non è la fase delle strategie ma dei progetti. Occorre elaborare un programma che parta dalla società civile per la società civile. Il movimento di Oscar Giannino ha alcune istanze condivisibili, come la riduzione del carico fiscale, ma stabilire alleanze a livello complessivo è tutt’altra questione e avverrà semmai in una fase successiva”.
 
Come giudica il patto tra moderati, proposto dal Presidente del Senato, Renato Schifani?
“E’ un’opzione politica che risponde a una necessità ancora legata a uno schema bipolare. Si tratta di capire però se l’Italia dell’imminente futuro sarà ancora così. Non si può stare tutti insieme solo perché conviene ai partiti, altrimenti si replicano le esperienze fallimentari di governo, come è avvenuto all’Unione di Prodi nel 2006. Le alleanze devono sempre essere credibili e omogenee, altrimenti, prima o poi, falliscono”.
 
Ci parli della sua area tematica a Italia Futura.
“La cooperazione e l’interculturalità sono due stadi di un processo politico e democratico fondamentale nella nostra epoca, caratterizzata da un contesto multiculturale. Con questi due concetti vogliamo dire che siamo pronti non solo a muoverci tra accoglienza e identità, come è accaduto finora, ma anche attraverso una nuova sintesi di livello superiore che passi dalla collaborazione tra diversi all’individuazione di elementi e valori universali e condivisi da tutti. Il futuro democratico del Mediterraneo è verso questa strada comune. Trovarla con Italia Futura è la mia sfida politica”.
 
 


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