“Questo piano non è per i deboli di cuore”. Non ci sono false speranze nell’ultima pagina della presentazione fatta dall’ad di Fiat, Sergio Marchionne, in un intervento in conference call ieri con gli analisti finanziari.
Il trimestre è positivo, grazie ai buoni dati di Chrysler, ma i target per il triennio sono stati corretti al ribasso e ci sono 1,3 miliardi in più di debiti tra luglio e settembre. “In Europa, dove le previsioni per il 2013 restano fiacche, il gruppo Fiat chiuderà il 2012 e probabilmente il 2013 con perdite di 700 milioni, mentre per il break even ci sarà da aspettare almeno il 2015-2016”, scrive il Sole 24 Ore. Un motivo in più per ribadire l’importanza della Chrysler, la cui fusione viene prevista tra il 2014 e il 2015.
Il report di Credit Suisse sulla liquidità bruciata
Secondo gli analisti di Credit Suisse, Fiat è il gruppo che mostra “il più alto livello in assoluto di cash consumption rispetto a ogni altra società sotto nostra copertura”. Nell’ultimo trimestre sono stati infatti bruciati 1,4 miliardi, ad un tasso di 15 milioni di euro al giorno.
La risposta di Marchionne sull’Italia
Parlare di prospettive poco rosee diventa un eufemismo in una situazione del genere. Ma l’ad fa retrofront e calpesta le polemiche sulla sua presunta volontà di abbandonare l’Italia e spostare la produzione in maniera preponderante all’estero e nei Paesi emergenti dal più basso costo del lavoro. Quella presentata sembra infatti una scommessa sull’Italia. Marchionne ha spiegato che la base di questa strategia sarà un maggior utilizzo degli stabilimenti europei per la fabbricazione di vetture dei brand più riconosciuti a livello globale come Alfa Romeo, Maserati, Jeep e tutta la gamma 500.
Cronaca di una morte annunciata per Lancia
Secondo Marchionne Lancia “ha un appeal limitato fuori dall´Italia. Dobbiamo abbandonare l´illusione che Lancia ritorni a essere quella di un tempo”. Fiat intende quindi ridurre l´esposizione del brand, mantenendo l´unicità della Ypsilon che svolge un ruolo significativo in Italia e che è la sola sostenibile da un punto di vista economico”.
I dettagli del piano del Lingotto
Il piano Fiat per i prodotti 2012-2016 prevede per l’Italia 17 nuovi modelli di cui otto a marchio Alfa, sei Maserati, due Fiat (Panda e Freemont) e una Jeep. Allo stabilimento di Melfi spetterà la produzione del Suv, a Cassino i nuovi modelli basati sulla piattaforma Giulietta e a Mirafiori l’alta gamma.
La diagnosi disincantata del Financial Times
Il Financial Times piazza Fiat in prima pagina, sottolineando il cambio di strategia con il focus verso l’export. Secondo il quotidiano della City “il bicchiere è mezzo vuoto e mezzo pieno”. “Possono fare sonni tranquilli gli investitori di Fiat, fidandosi del fatto che il vincolo con Chrysler messo in atto tre anni fa li salverà? Solo in un certo senso – si legge sul Financial Times – La storia di Chrysler è più oscura di quanto suggeriscano i dati impressionanti del terzo trimestre. Il mix non sta andando nella direzione vantaggiosa, considerando che le vendite di auto crescono più di quelle dei ben più redditizi camion e suv”, commenta FT.
La versione del Wall Street Journal
Molti nodi restano sicuramente da sciogliere. Gli ultimi anni hanno visto la riproposizione costante delle nuove versioni dei modelli esistenti. Se da una parte Marchionne si concentra sul brand carico di eredità per distinguersi dalle gamme delle altre case, il lancio di 17 modelli tra il 2012 e il 2016 lascia quantomeno perplessi. “Ancora una volta, Fiat ha promesso una nuova gamma di modelli, ma data l’esperienza con il piano, previsto, del 2010, restiamo scettici su questo effettivo cambio di rotta”, dichiara al Wall Street Journal Erich Hauser, analista di Credit Suisse.
Marchionne sembra inoltre aver messo abiti nuovi alla vecchia idea di puntare su Alfa Romeo. Dietro l’effetto annuncio, ci sarà un piano più efficace rispetto a quello programmato nel 2006 e ancora nel 2010 per raggiungere l’obiettivo? Possibile poi che insieme al lancio di nuovi prodotti, non ci fosse la possibilità di valorizzare il brand Lancia, in alternativa alla decisione di abbandonarlo?
Il focus su Chrysler
Marchionne ha infine assicurato che Chrysler non sposterà la produzione della Jeep dagli Usa alla Cina, dopo le polemiche politiche nate dalle accuse a Fiat del candidato repubblicano alla presidenza Usa, Mitt Romney. L’ad tiene dunque il piede su due staffe, e tranquillizza sia la Casa Bianca che Palazzo Chigi.