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La sfida della Turchia tra Siria, Iran e Russia

Nel processo della sua rinascita, la Turchia sembrava seguire un solo e unico precetto: zero problemi con i vicini. Ma ci sono momenti storici in cui non basta la passività, è necessario essere attivi. Secondo l’analisi di Reva Bhalla, vicepresidente di Global Affairs, pubblicato sul sito Stratfor, Ankara è in uno di quei momenti decisivi per la storia –e il presente- di un Paese e per gli equilibri della sua regione. La Turchia deve giocare un decisivo ruolo di mediazione dei conflitti vicini. “La regione sta spingendo la Turchia in azione indipendentemente dal fatto che sia pronta ad assumere questa responsabilità”, ha scritto Bhalla.
 
La rivolta che ha trasformato la Siria in una caldaia fumeggiante, le violente trasformazioni politiche nella frontiera di Anatolia, la minaccia nucleare in Iran, la tensione nei rapporti con la Russia. Il quadro è sfaccettato. Tutto ciò con lo sguardo dell’Israele e la presenza dell’Arabia Saudita e la perdita di leadership degli Stati Uniti. Riportare (se mai l’avesse avuta del tutto) l’armonia in questo contesto non è compito facile. E ricade sulla Turchia, non solo per la vicinanza geografica.
 
La Turchia ha cominciato a rischiare quando si è schierata come sostenitrice della ribellione siriana. Ora la sua frontiera è luogo di passaggio di migliaia di rifugiati con conseguenze sociali ed economiche da non sottovalutare. Stratfor ricorda che è sempre più preoccupante l’inizio del conflitto della coesione del gruppo religioso siriano degli alawiti. E la minaccia di guerra lì, molto vicino da casa.
La sfida della Turchia comprende anche l’intervento nel dialogo tra gli Stati Uniti e l’Iran. Secondo Bhalla, il governo americano non ha nessuna intenzione di scatenare un’azione militare in Siria né di impegnarsi in un confronto con l’Iran, ma Washington ha puntato sulla Turchia per gestire strategie, operazioni e mediazioni e Ankara non si tira indietro.
 
La Russia è un altro fattore rilevante in questo puzzle geostrategico: Mosca è dalla parte siriana, il sostegno è anche materiale con pesanti accuse di armamento del regime di Assad. Alla visita di Vladimir Putin a Istanbul prevista per il 14 ottobre, Mosca ha reagito spostando l’appuntamento per il 3 dicembre, dopo le elezioni americane, dando più peso ancora al ruolo della Turchia nei rapporti tra la Russia e gli Stati Uniti. Israele ha tutto l’interesse a prevenire la destabilizzazione nella frontiera per reagire contro l’Iran, mentre l’Arabia Saudita è coinvolta nella fortificazione della rivolta siriana.
 
Il protagonismo nella mediazione di questi conflitti però è anche un’opportunità per la Turchia di consolidarsi come un interlocutore efficace con l’Occidente, di riuscire a competere con l’Iran senza dimenticare le credenziali islamiche ma abbandonando qualsiasi traccia di fondamentalismo.
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